Eurispses, quanto la pandemia ha cambiato le nostre abitudini

E-commerce, spesa a domicilio e smart working rappresentano i cambiamenti più importanti nel nostro stile di vita

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Il Covid ha cambiato il nostro stile di vita ed Eurispes, l’Istituto di Ricerca italiano che si occupa dell’ambito della politica, dell’economia e della società, ha pubblicato uno studio a tal proposito.

L’indagine è stata svolta su un campione di 2063 italiani cittadini, ai quali è stato somministrato un questionario diretto semi strutturato tra novembre 2020 e gennaio 2021.

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Una parte della ricerca è stata orientata sull’impatto generato dalla pandemia sul  consumo e sullo stile di vita degli italiani. Ciò che emerge è quanto le modalità di consumo siano cambiate privilegiando sicuramente mezzi e strade che accorcino le distanze tra il consumatore e il prodotto, evitando  possibili contatti.

Tutto questo ha rappresentato un vantaggio per alcuni settori come le piattaforme streaming (Netflix) : sebbene il 26 % degli italiani fosse già abbondato almeno ad una, un nuovo 13% ha iniziato ad abbonarsi.

Non trascurabile certamente è l’ e-commerce, dove si comprano soprattutto libri, oggetti tecnologici ed abbigliamento: solo il 29% degli intervistati afferma di non aver mai acquistato on line alcun prodotto.

I mezzi privati vincono su quelli pubblici, e lo smart working sulla presenza fissa

Il boom nell’utilizzo dei monopattini elettrici e delle biciclette è significativo in rapporto all’utilizzo di mezzi pubblici: infatti il 25,4% degli intervistati preferisce un mezzo privato e il 30, 9 % evita treni e aerei.

Inoltre, spese e farmici a domicilio nonostante l’allentamento delle restrizioni del primo lockdown, sembrano reiterarsi con la stessa frequenza rispetto alla prima fase.

Infine la modalità smart working è diventata emblematica nella narrazione delle nuove abitudini presenti nella vita dei lavoratori in tutta Italia:  a Sud il dato dei lavoratori in smart working è pari al  31,8%   ed al Nord Est ed Ovest al 24,2%  e al 22,4% per lunghi periodi.

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L’incidenza della modalità smart working dunque non dipende dalla posizione geografica ma dalla categoria dei lavoratori:  gli impiegati presentano un’incidenza del 66,2%, i dirigenti del 65,1%, i liberi professionisti del il 62,4% e gli autonomi per il 45,6%.  Questa modalità lavorativa segnerà anche l’organizzazione futura del mondo del lavoro, evidenziando come spesso non sia necessario garantire una presenza fisica fissa in un ufficio. Sembra auspicabile dunque una modalità mista presenza-distanza.

Infine anche il settore dei media e della Tv trovano spazio con importati dati: i telegiornali  sono scelti per il 33,8% degli intervistati  e i quotidiani on line per il 22,3%. Rimane problematico il rapporto tra informazioni e fake news. Secondo il 40% degli intervistati i social offrono le informazioni più confusionarie rispetto tutti gli altri canali. L’altro 40% individua nei canali più istituzionali l’informazione più utile e veritiera sul Covid-19.

Ciò che sicuramente colpisce nel cambio delle nostre abitudini è la mascherina, che è diventata non solo parte integrante del nostro abbigliamento ma tutela soprattutto della nostra salute, tanto che il 41 % degli intervistati afferma di sentirsi più sicuro utilizzandola e il  72% non si sente ridicolo nell’indossarla. Ciò a cui non si riesce ad abituarsi veramente è la distanza tra amici e parenti: 7 intervistati su 10 dichiarano di soffrirne la lontananza.

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