“Great Resignation”, l’aumento delle dimissioni volontarie preoccupa le aziende

Ricerche condotte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e da psicologi confermano questo dato. Molti dipendenti, dall’inizio della pandemia, i cui numeri si attestano intorno al 40%, vogliono cambiare lavoro o lo hanno già fatto

Great resignation
Great resignation (Foto Unsplash)

La pandemia, oltre alle ripercussioni sugli aspetti sanitari della vita collettiva, ha esacerbato l’incertezza psicologica e destabilizzato molte componenti della vita degli individui. Ciò che in precedenza veniva codificato come quotidianità tollerabile, pur se ricca di insoddisfazioni, era un equilibrio che in molti casi si è rotto con l’emergenza sanitaria.

Questo fenomeno viene spiegato da una delle teorie classiche sulla psicologia della motivazione. Come riportato dalla rivista State of Mind, il modello più vicino ad identificare ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro è quello di Maslow (Neher, 1991), sui bisogni fisiologici. Alla base della piramide ci sono i bisogni di stabilità, che insorgono in seguito ad una carenza od a una privazione. Il loro soddisfacimento può ritrovarsi nell’occupazione stabile, ad esempio.

Al vertice, invece, si trova il bisogno di crescita, che porta l’individuo a percorrere strade direzionate verso una progressione. Ad una carenza della stabilità corrisponde un aumento della ricerca del soddisfacimento dei bisogni individuali e di crescita.

Lo spostamento di buona parte del lavoro dall’ufficio al proprio appartamento, ha collocato il lavoratore in un contesto scisso dal luogo di lavoro. Questa opportunità ha fatto prendere coscienza dell’alternativa al proprio lavoro, se esso non soddisfa più le esigenze personali. E da qui il fenomeno della “Great Resignation”, ovvero l’aumento esponenziale di lavoratori che decidono di dimettersi.

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Come scrive la rivista, “da uno studio di McKinsey (2021) si rileva come il 40% dei lavoratori a livello mondiale è intenzionato a cambiare posizione nei prossimi mesi. Anche in Italia, in base alle rilevazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tra aprile e giugno 2021 sono state registrate quasi mezzo milione di dimissioni.

La falsa promessa di trovare un equilibrio tra vita privata e lavorativa è venuta meno, e gli individui stanno imparando ad ascoltare maggiormente le proprie esigenze, sia in campo professionale che privato. I settori più colpiti dalla “Great Resignation” sono le industrie tecniche, l’ospitalità ed i servizi.

In definitiva il vaso di Pandora della pandemia ha contribuito ad aumentare ansia e depressione al livello sociale, ma anche a modificare abitudini consuetudinarie, specie nei luoghi di lavoro. Se le aziende non saranno in grado di rispondere maggiormente ai bisogni dei lavoratori, si troveranno ben presto con avvicendamenti continui, figli di un mondo in cui la flessibilità è sempre più ritratta come un valore positivo.

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