Conto corrente cointestato: quando prelevare diventa pericoloso

Se avere un conto cointestato è una garanzia per se stessi, non è altrettanto sicuro se tratta di prelevare. Vediamo perché

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Prelievo bancomat (Foto Unpslash)

È una realtà del tutto naturale quella di avere intestato a proprio nome un conto corrente in banca o presso un ufficio postale. D’altronde non sono molte le alternative che consentono un’immediata movimentazione del denaro quando ci occorre e al contrario quando dobbiamo appoggiare il ricevimento di una somma che stiamo attendendo, sia essa lo stipendio o un rimborso.

Sebbene il conto corrente non costituisca affatto uno strumento di investimento del nostro risparmio (buoni fruttiferi, titoli di Stato, azioni) oppure un vero e proprio deposito con una discreta rendita (pensiamo al libretto postale), tuttavia è il nostro portafoglio dal quale prelevare il contante; un’azione del tutto normale, in quanto supportata da una capillare rete si sportelli automatici ATM.

Conto corrente cointestato, cosa comporta il prelevamento?

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Bancomat (Foto Adobe)

Tutto ciò corrisponde ad una libertà di iniziativa “vigilata” dalle leggi; a partire dai limiti stabiliti sull’utilizzo del contante. Innanzitutto, un’attenta osservazione va dedicata ai conti correnti cointestati: è prassi molto comune che tra coniugi o conviventi si apra un conto a nome di entrambi i soggetti dove poter versare le somme prodotte da entrambi, oppure l’addebito dei pagamenti di ciascuno; anche tra i genitori e i loro figli si decide di aprire un conto corrente cointestato.

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Il conto corrente cointestato, aperto in banca o all’ufficio postale, trasferisce (teoricamente) la titolarità delle somme dell’uno all’altro. In pratica, le prime crepe di un’apparente sicurezza si presentano nei casi concreti: decesso di uno dei cointestatari, separazioni. Nel primo ambito, per il principio della solidarietà attiva, l’istituto di credito è obbligato a far accedere l’altro correntista alla giacenza; soltanto, però, se il conto è stato precedentemente impostato alle firme disgiunte.

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Per legge, la banca, al momento della giacenza di una somma, essa diventa automaticamente di sua proprietà; un accordo formale che viene interrotto quando l’intestatario decide richiedere il denaro o al sopraggiungere di particolari scadenze. L’istituto non può fare altro che restituire quanto richiesto. Nel caso di donazione di una somma da parte di un cointestatario a un altro, il primo deve dimostrare l’animus donandi (lo spirito di liberalità).

Il prelevamento diventa dunque pericoloso se non fosse accertata la buona condotta dell’operazione, costituendo essa un’azione illecita. D’altra parte, rappresenta una garanzia nei casi reali di indebita appropriazione di somme operata da un coniuge o da qualunque altro cointestatario.

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