Investire nell’assistenza può generare posti di lavoro, il nuovo rapporto di ILO

ILO, International Labour Organization, ha pubblicato un nuovo rapporto che si concentra sul settore dell’assistenza, sottolineando come se si aumentasse la quantità di investimenti nel settore dell’assistenza alle famiglie si genererebbero quasi 300 milioni di posti di lavoro in più da qui al 2035

Donne e lavoro (foto: Unsplash)

Il rapporto, che è stato pubblicato in occasione della Giornata Internazionale della donna, fotografa una situazione internazionale in cui le donne continuano ad essere penalizzate. La situazione, come si legge nella prefazione al rapporto pubblicato sul sito ufficiale dell’Organizzazione Internazionale, è stata inasprita dalla pandemia da Covid-19 che ha “esacerbato le ineguaglianze di genere preesistenti nel mercato del lavoro e gli squilibri esistenti tra donne e uomini riguardo il lavoro in casa e le responsabilità familiari”.

Non è difficile incontrare una donna che per dover seguire la famiglia la cui routine era stata stravolta dalla pandemia ha deciso di abbandonare il proprio lavoro. E il rientro nel mercato del lavoro risulta per queste donne “ancora più problematico”.

Occorre quindi uno sforzo globale e un investimento maggiore nei servizi di assistenza. Per esempio riguardo la maternità. Il capitolo che riguarda questo aspetto del rapporto delle donne con il lavoro ha un titolo illuminante: “Un diritto umano e del Lavoro universale ma non realizzato”.

Nel mondo, il trattamento e la durata della maternità può cambiare enormemente e ci sono ancora 64 Paesi del mondo in cui la maternità è inferiore allo standard individuato dall’Organizzazione, ovvero 14 settimane. Stesso discorso vale per il corrispettivo economico di questo periodo. Ci sono ancora 13 paesi che corrispondono per la maternità meno dei due terzi della paga abituale.

Un altro aspetto legato al lavoro e alla maternità è la protezione da un eventuale licenziamento non giustificato, o meglio da imputarsi proprio la scelta della maternità. Nel rapporto si parla anche dell’equivalente paterno della maternità sottolineando come in questo aspetto ci siano da fare ancora molti passi avanti per creare eguaglianza tra il ruolo genitoriale della donna e quello dell’uomo. Una uguaglianza che potrebbe quindi poi permettere alle donne di rientrare nel mondo del lavoro e di poter gestire meglio gli incarichi familiari.

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Allungare però i periodi di maternità o paternità retribuita non è un bene, a differenza di quello che si potrebbe pensare, soprattutto quando la maternità allungata serve a sopperire alla mancanza di servizi di assistenza all’infanzia. Anziché allungare i tempi della maternità, ovvero del periodo in cui le donne non sono sul proprio posto di lavoro, andrebbero ripensate le strutture anche all’interno degli stessi luoghi di lavoro che dovrebbero accogliere le madri.

Per esempio organizzando in maniera adeguata spazi privati in cui le madri lavoratrici possono gestire i propri figli piccoli. Il discorso quindi dell’assistenza si lega a doppio filo con quello delle politiche del lavoro, che ancora troppo spesso non tengono conto dei bisogni delle donne e allo stesso tempo trattano questa grossa fetta di forza lavoro come un problema per il fatturato.

Nel nostro Paese si stanno moltiplicando gli allarmi relativi alla bassa natalità ma, come dimostra il rapporto di ILO, se non si agisce a monte creando un ambiente di lavoro che sia favorevole alle donne e non le trasformi in un peso, difficilmente potremo invertire la tendenza della denatalità.

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