Prodotti di qualità made in Italy, l’Istat aggiorna i dati delle certificazioni agroalimentari

Riconoscere la qualità dei prodotti alimentari necessita certificazione. L’Istat riassume la situazione italiana aggiornata al 2019

pecorino formaggio
(pixabay)

L’Italia, come molti altri paesi del Mediterraneo, si è spesso distinta per la propria qualità delle materie prime agroalimentari. Ma senza troppi indugi si può affermare che probabilmente è la prima al mondo in quanto varietà di prodotti da mettere sulla tavola.

L’Istat, in un comunicato del 26 luglio, riporta i dati delle certificazioni agroalimentari in Italia. Nel 2019 gli operatori certificati erano 87.000, in leggero calo rispetto al 2018, ma confermando comunque il trend di ascesa.

La Sardegna ne esce con un buon risultato, con il 42,2% degli allevamenti certificati ed il 22% dei produttori nazionali riconosciuti di qualità. In crescita la presenza femminile tra gli operatori del settore.

La produzione in cui si impiega un numero maggiore di operatori è per il pecorino romano, il pecorino sardo e l’agnello di Sardegna.

Le certificazioni stanno aumentando, ma, a differenza dei cugini d’Oltralpe, l’Italia non è storicamente incline alla valorizzazione dei propri prodotti, mantenendo spesso delle eccellenze relegate al panorama locale. E questo ha penalizzato nel tempo le possibilità di commercio di determinati prodotti. La certificazione di qualità agroalimentare, richiesta su iniziativa dei consorzi o comuni locali, è diventata una necessità per il commercio estero, ed in parte anche per quello interno.

La Francia potrebbe essere un esempio illustre da seguire. Ogni tipologia di formaggio prodotto equivale ad un’appellazione di qualità, che ha incidenza in termini di mercato. In Italia sono prodotti maggiori varietà di formaggi che in Francia, ma molti di essi possono essere gustati solo in loco. Questo atteggiamento contribuisce al fascino di visitare determinati luoghi, ma in un’ottica di rilancio economico non è particolarmente vincente.

Negli ultimi anni la situazione sta cambiando. La nascita di maggiori consorzi agronomici e le incrementate capacità imprenditoriali degli agroallevatori, hanno portato ad una crescita ogni anno maggiore della certificazione di qualità dei prodotti.

Leggi anche: Oltre.bio, il progetto della Puglia per la gestione innovativa della cerasicoltura e viticoltura da tavola

Leggi anche: I residui di farmaci nelle acque possono distruggere l’ecosistema fluviale

A questo link il comunicato Istat

Impostazioni privacy