Buoni fruttiferi postali, i dubbi sugli interessi trentennali

A metà degli anni Ottanta Poste Italiane e l’allora dicastero del Tesoro misero in commercio i Buoni fruttiferi postali serie Q/P con scadenza trentennale, che arrivati al termine stanno causando molta confusione sugli interessi finali.

Questi Buoni fruttiferi trentennali furono emessi dopo luglio 1986. Poste Italiane e l’allora dicastero del Tesoro decisero che per la loro emissione di riciclare i vecchi titoli in deposito. Sempre in quel frangente accadde che il dicastero del Tesoro ordinò a Poste di usare anche i Buoni invenduti rimasti in deposito.

Tutto questo era subordinato al timbro fronte e retro accompagnato dall’indicazione della nuova serie. Il problema era che si usarono Buoni cartacei in cui era stampato il rendimento garantito solo fino al 20° anno.

In sintesi, la confusione concerne gli interessi maturati tra il 21° e il 30° anno dei titoli suddetti. All’epoca, infatti, le Poste italiane dimenticarono di applicare gli interessi sull’ultima decade di vita del Buoni fruttiferi postali. A complicare ulteriormente le cose il fatto che sul loro dorso siano riportate indicazioni diverse circa la remunerazione dell’ultimo decennio.

Per ogni singolo bimestre dal 21° al 30° anno sono indicati tre rendimenti differenti. Su alcuni c’è scritto che si sarebbero riscosse 258.150 lire, su altri 1.290.751 lire, su altri ancora 1.777.400 lire. Com’è possibile intuire da questi esempi, la differenza tra un Buono e l’altro è molta.

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Buoni fruttiferi postali, le due teorie sulla riscossione degli interessi

Buoni fruttiferi postali
Pixabay

Alcuni Tribunali e la stessa Corte di Appello di Milano hanno affermato che ai Buoni della serie Q/P si applicano i rendimenti più bassi previsti dal D.M. 13/06/’86.

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Sono diverse le sentenze che nel corso degli anni si sono pronunciate sull’argomento. Tra esse sono da ricordare la n. 13979/2007 e la n. 3963/2019, entrambe delle Sezioni Unite della Corte Suprema.

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