Beffa Agenzia Entrate: annullate tutte queste cartelle esattoriali

Cartelle esattoriali, rischiano l’annullamento con costi e perdite di tempo impreviste per l’Agenzia delle Entrate

Cartella esattoriale pagamento
Cartella esattoriale (Foto Pixabay)

Le cartelle esattoriali sono una sorta di incubo per i contribuenti italiani, segnando al loro arrivo grattacapi e spese non preventivate. Di norma sono notificate attraverso raccomandata con avviso di ricevimento. Oppure con consegna a mano da parte degli ufficiali della riscossione, dei messi comunali o degli agenti della polizia municipale presso la residenza o il domicilio.

Infine può essere inviata utilizzando il servizio di posta elettronica certificata (PEC) all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata(Ini-Pec). Ma qui sorgono i problemi che riguardano tanto l’indirizzo del destinario, quanto quello del mittente, l’Agenzia delle Entrate, con sentenze delle Commissioni tributarie che, dietro ricorso, annullano le cartelle.

Cartelle esattoriali, attenzione a questa possibilità di annullamento

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Cartella esattoriale (Foto Pixabay)

Secondo la legge 53/1994 articolo 3 bis, le notifiche telematiche possono essere effettuate esclusivamente da indirizzi presenti negli elenchi pubblici ufficiali. In caso contrario si può ricorrere alla Commissione tributaria competente per territorio. È quanto accaduto a un imprenditore di Assisi che ha ottenuto l’annullamento di ben 71 cartelle esattoriali, per un milione e 400  mila euro, ricevute dall’Erario proprio per vizio di notifica.

Qualcosa di simile è avvenuto a un contribuente di Napoli al quale, nel luglio scorso, la Commissione tributaria del capoluogo campano ha annullato una cartella esattoriale perché inviata da un indirizzo pec non presente sui registri pubblici. Al momento registri pubblici che fanno fede sono: Ipa, Reginde e Inpec. Pec inviate da indirizzi non presenti in questi registri potrebbero essere annullate dai giiudici.

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Tuttavia la giurisprudenza non è uniforme, l’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 602/1973 (modificato nel 2017) afferma che è l’indirizzo PEC del destinatario a dover essere presente nei registri pubblici. Infatti, sulla base di questa norma, molte Commissioni non hanno accolto i ricorsi dei contribuenti.

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Ulteriore incertezza però è causata dalla la sentenza numero 17346/2019, attraverso cui, la Cassazione ribadisce la necessità che anche l’indirizzo pec del mittente debba essere inserito negli elenchi pubblici, in caso contrario la notifica al contribuente è viziata ed insanabile. Dunque non c’è uniformità e chiarezza nella legge, con perdite di tempo e denaro per contribuenti e Stato.

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