ONU: causa Covid e conflitti 95 milioni di persone a rischio povertà estrema

Il rapporto Nazioni Unite evidenzia il pericoloso arresto sul raggiungimento degli obiettivi imposti dall’Agenda 2030. Cosa sta succedendo

Allarme ONU: troppe guerre, rischio di povertà estrema senza precedenti
Campo profughi (Foto Julie Ricard on Unsplash)

Il progresso umano, come qualsiasi progresso biologico, è un processo inesorabilmente lento che sfida gli eventi della storia. Al contrario, ogni passo falso del tempo, dell’agire umano è in grado di vanificare i piccoli risultati raggiunti nella condizione esistenziale dei popoli nel lungo silenzio del tempo stesso. Nonostante l’alleanza mondiale dei Paesi abbia dato origine a diversi organi internazionali di tutela dei cittadini del mondo, la violenza degli interessi particolari cancella di impegno e di diplomazia nei rapporti con i Governi.

Il talento, allora, va ricercato nella capacità di formulare delle misure correttive per riportare sul giusto binario una condotta di inseguimento degli obiettivi di sostenibilità non più rimandabili. A fronte di un anno difficile come quello che stiamo vivendo, sono particolarmente drammatici gli esiti del rapporto firmato dal segretario generale dell’Onu Guterres, circa lo stato di avanzamento verso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, gli Sustainable Development Goals (SDG).

Il rapporto anticipa altri due rapporti che verranno presenti al prossimo High-political level Forum di luglio; il primo esamina i dati aggiornati e i progressi ottenuti verso il raggiungimento degli Obiettivi dettati dall’Agenda 2030; l’altro si sofferma sulla ripresa post pandemia cercando di sensibilizzare i Paesi a declinarla nei termini di una crescita economica sostenibile.

I dati mostrano come la crisi da Covid-19 abbia arrestato un progresso costante della riduzione della povertà iniziato negli ultimi 25 anni. Sono bastati tre anni per vedere nel 2020 un aumento del tasso di povertà al 9,2% (dal minimo storico del 2019, 8,3%). Non potevano non contribuire gli effetti collaterali economici della ripresa, ovvero l’inflazione, ma soprattutto le conseguenze portate dalla guerra in Ucraina.

Con gli eventi bellici, siamo alle porte della più grave crisi alimentare globale dalla Seconda guerra mondiale e ciò potrebbe provocare il raggiungimento di condizioni di povertà estrema per 95 milioni di persone, già nel 2022. Ovviamente la lunga scia di criticità è iniziata col Covid-19, che ha causato l’interruzione dei servizi sanitari essenziali, riducendo di conseguenza l’aspettativa di vita; l’accesso ai servizi sanitari di base, dunque, è stato ancor più logorato dalle disuguaglianze tra i Paesi.

Non c’è solo la povertà e la salute. La crisi, inoltre, ha coinvolto mondialmente l’istruzione, con la chiusura delle strutture scolastiche negli ultimi due anni, con effetti peggiori nei contesti di maggior svantaggio (zone rurale e minoranze etniche) e nei soggetti già sottoposti a disparità, quali bambini o ragazzi disabili e le ragazze. Un persistente problema di uguaglianza di genere, dunque, derubricata per il termine del 2030.

Il 2030 sarà l’anno che vedrà miliardi di persone che non avranno accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici di base, situazione inasprita dai cambiamenti climatici; così come la crisi energetica, l’interruzione che si è registrata della catena di approvvigionamento, nonché l’incertezza politica e il debito pubblico insostenibile, stanno mettendo in ginocchio le economie dei Paesi in via di sviluppo.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, mai così tanti conflitti armati hanno costretto milioni di persone allo sfollamento forzato. Nei singoli Paesi coinvolti direttamente o indirettamente, questa situazione ha gettato nell’ombra tutte le altre priorità. L’Agenda 2030 vede il rischio di non veder raggiunti i 17 Obiettivi prefissati. Una ripresa a “doppia velocità” risulterebbe inutile ed è quindi indispensabile una risposta univoca e globale per invertire l’andamento regressivo.

Come fare? Innanzitutto, privilegiando un atteggiamento che promuova una transizione a 360 gradi sugli ambiti individuati per raggiungere un concreto sviluppo: la salvaguardia delle risorse naturali ed alimentari, l’abbassamento delle emissioni di carbonio, ma anche la creazione di occupazione lavorativa. E per quanto riguarda gli SDGs, “sarà necessaria anche una trasformazione su vasta scala dell’architettura finanziaria e del debito internazionale”.

La cooperazione globale deve tradursi nel mettere a disposizione uno spazio fiscale e liquidità adeguata al fine di non disaggregare alcuni Paesi dalla corsa verso lo sviluppo: allora, anche maggiori investimenti sui dati consentiranno di prevedere le crisi, fornire tempestivamente risposte ad hoc e progettare il futuro di un’economia più green e più equa.

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