Mercurio, crisi climatica e pesca eccessiva: i rischi dei mari di domani

Un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Marine Science lancia un nuovo allarme riguardo il futuro dei mari e dei pesci che potrebbero smettere di abilitarli

A rischio la popolazione globale di pesci (foto: Pexels)

Quello che potrebbe stravolgere completamente la popolazione ittica dei mari del mondo e in particolare del mar Mediterraneo è una somma di fattori. Il primo è ovviamente il cambiamento climatico seguito dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento da mercurio. I risultati dello studio mostrano che le diverse specie ittiche avrebbero diverse percentuali di possibilità di sopravvivenza a causa dei loro diversi gradi di tolleranza per esempio ai cambiamenti delle temperature.

È stata esaminata la possibile situazione nel 2100 delle venti specie ittiche che più spesso finiscono sulle nostre tavole ed è emerso che potremmo dover dire addio a triglie, polpi e calamari nonché sogliole e naselli. Nello studio si parla anche delle specie ittiche più grandi come per esempio il pesce spada.

Per queste specie ittiche la cui vita media è sicuramente più lunga di quella di una triglia o di una capesanta, il problema potrebbe non essere tanto la riduzione della popolazione a causa di una mancanza di meccanismi di adattamento quanto l’eccessivo accumulo di mercurio nel corpo il che li renderebbe non commestibili oltre che metterne a rischio la sopravvivenza.

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Gli studiosi autori del paper fanno quindi appello affinché la comunità internazionale “ rafforzi la messa al bando globale riguardo le emissioni di mercurio seguendo la Convenzione Minamata”. La convenzione Minamata prende il nome dal luogo sulle coste giapponesi teatro di uno dei disastri chimici più famosi del mondo con al centro proprio lo sversamento in mare di residui chimici. Ma secondo gli studiosi non può bastare semplicemente lavorare per ridurre i livelli di CO2 e di mercurio. Occorre anche ridurre la pesca.

Il ruolo degli ecosistemi marini è fondamentale, ricordano ancora nello studio, il tutto è messo a rischio da una serie di attività antropogeniche che stanno addirittura interferendo con la biogeochimica e la biofisica degli oceani. La conclusione è abbastanza facile: se vogliamo continuare a poter fare il bagno al mare e magari farci anche una frittura di pesce che non ci misuri la temperatura, è necessario rivedere il nostro rapporto con gli ecosistemi marini e in particolare renderci conto che l’inquinamento è un problema globale da affrontare in ogni aspetto.

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