La caccia al cinghiale è la soluzione ai problemi degli agricoltori?

Secondo il ricercatore dell’Ispra Andrea Monaco sì, ma solo se si introduce il sistema delle recinzioni adeguate

Foto Danny Kroon Unsplash

Che la popolazione di cinghiali nel nostro Paese sia diventato un problema lo dimostrano non soltanto le denunce da parte degli agricoltori ma anche, soprattutto, gli episodi di cui i cinghiali si sono resi protagonisti nei quartieri di città non proprio “campagnole”. Andrea Monaco, ricercatore dell’Ispra, ritiene quindi che sia innanzitutto necessario “mettere in campo una strategia di intervento articolata”.

Una strategia che però sia, questa l’idea del ricercatore, composta da sistemi efficaci, fattibili ed economicamente sostenibili. Perché finora alcuni dei metodi messi in atto o che si pensava di attuare non risultano efficaci o sono troppo onerosi.

Un esempio di sistema di controllo possibile ma estremamente oneroso è sicuramente la cattura delle femmine e la loro sterilizzazione, oppure la cattura di esemplari in luoghi in cui la popolazione è più alta, per trasferirli in luoghi con popolazioni di cinghiali più basse o addirittura assenti.

Non sembrano avere più effetto neanche i dissuasori olfattivi e acustici dato che il cinghiale, continua Monaco, è un animale estremamente intelligente ed in grado di adattarsi a tutto.

Chiarito che la causa fondamentale per cui adesso abbiamo un problema di sovraffollamento di cinghiali è la mancanza di predatori naturali per questo animale, c’è ora la questione di dover difendere anche le colture e il reddito di molti agricoltori. Ma dove sono finiti i predatori?

Mancano perché, nella difesa per esempio dei pascoli, gli animali selvatici dediti alla caccia per sopravvivere, in primis i lupi, sono stati decimati, provocando la libera riproduzione dei cinghiali.

Ma una popolazione di lupi molto ricca ora non basterebbe più perchè, queste le parole di Monaco, “più che limitare il numero di cinghiali, il ruolo del lupo è quello di mantenere le popolazioni in buone condizioni, predando gli individui più deboli o in peggior stato di salute“. Lo scopo dei lupi sarebbe quindi comunque limitato e lo è ancora di più perché la loro popolazione non è sufficiente a contrastare la crescita del numero di cinghiali.

E veniamo allora alla costruzione di recinzioni adeguate e alla caccia. Per alcune colture, Monaco ritiene che sarebbe possibile installare recinzioni fisse, magari anche quelle elettriche che “hanno un costo relativamente basso e possono essere smontate dopo il raccolto”. Le recinzioni però non possono essere messe ovunque, dato che si rischierebbe di creare dei corridoi con cui gli animali selvatici entrerebbero o nei campi non protetti oppure direttamente nei centri abitati con le conseguenze che possiamo immaginare.

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C’è allora la soluzione venatoria, ma anche in questo caso occorre cambiare le tecniche che i cacciatori utilizzano. Al momento il metodo di caccia al cinghiale più diffuso è quello della braccata con cui si lanciano i cani e si attende che gli animali spaventati arrivino a tiro. Ma in questo modo non c’è possibilità di controllare che tipo di esemplare finisce di fronte la canna del fucile.

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Per questo motivo Monaco ritiene che andrebbero incentivate quelle tipologie di battute di caccia in cui è possibile controllare l’animale prima di ucciderlo, in modo da poter ridurre la popolazione delle femmine e dei giovani, principali cause dell’aumento della popolazione.

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