Medu, lo sgombero di Oulx: è l’unica soluzione per i migranti?

L’associazione dei Medici per i Diritti Umani contesta la sgombero del centro di accoglienza ad Oulx.

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La casa cantoniera di Oulx, il cui nome fa presagire un mondo a parte, ha lottato fino all’ultimo per resistere all’azione di sgombero deciso nel 2018 per via del possesso illegittimo dell’immobile per scopi umanitari: accogliere i migranti in difficoltà, specie in un luogo di confine fisico ma anche sociale tra Francia e Italia. Cinquantatré migranti, di cui quasi la metà bambini, proveniente dai Balcani sono stati cacciati e 12 volontari sono stati denunciati. Questi erano i numeri dei presenti al momento dello sgombero. In realtà qui, nella casa di Oulx, sono stati ospitati in modo temporaneo 700 presenze, solo nel mese di febbraio 2021. Si tratta di flussi di persone in transito, in attesa di documenti, coloro che sono stati respinti ed anche quelli che attendevano di essere ricollocati.

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L’Associazione Medu, Medici per i diritti umani, afferma che sono state in media 1000 le presenze al mese ospitate tra la casa di Oulx e il Rifugio “Fraternità Massi”, posto dall’altra parte del confine.

Lo sgombero porta alla riduzione dei luoghi di centri di accoglienza, in linea con la cornice delle politiche italiane e francesi in materia, che sanciscono più controlli alle frontiere, mentre il numero di migranti in condizione di vulnerabilità non cambia, anzi, ne sono acutizzate le difficoltà gestionali. Quei pochi centri di accoglienza aperti infatti rimangono affollati, contravvenendo a qualsiasi obbligo di sicurezza nel distanziamento sociale. La visione miope verso la crisi dei migranti gioca a ribasso sul numero di centri di accoglienza, nonostante il problema sia internazionale, di natura sociale e prima ancora umanitario. E chi ne subirà le conseguenze più traumatiche saranno i bambini, il futuro.

La bambina afgana di 12 anni respinta al confine si trova nell’Ospedale Regina Margherita di Torino, per traumi da grave disturbo da stress post-traumatico

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Il 26 marzo i mezzi di informazioni italiani danno notizia della bambina afgana di 12 anni che è stata ricoverata all’Ospedale Regine Margherita di Torino poiché respinta al confine dalla polizia francese. La diagnosi è grave: disturbo da stress post-traumatico. Era lo stesso trauma di cui soffrivano i soldati reduci dalle guerre mondiali, ma le trincee invisibili dilaniano ancora. Fra i traumi, i genitori della bambini ai medici di Medu, raccontano dello scoppio di una bomba che l’ha colpita 5 anni fa. Storie di violenze e di rifiuto si intrecciano nella vita della 12enne afgana: la notte del 25 marzo la famiglia era stata intercettata e bloccata con armi puntate addosso e poi trattenuta tutta la notte, fino al giorno successivo, in un container della gendarmerie. Qui la bambina ha iniziato a dare segnali forti e chiari di squilibrio psico-fisico: urlava credendo di vedere la polizia croata e sbatteva la testa contro le pareti della struttura. Nessuno soccorso e ascolto, solo il respingimento verso l’Italia. La situazione della bambina si aggrava e la portano in ospedale.

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Diminuire luoghi di accoglienze significa esasperare la crisi umanitaria dei migranti non risolverla per questo l’Associazione Medu “ritiene imprescindibile, in considerazione della vulnerabilità della popolazione in transito, l’allestimento di un presidio medico, in estensione o complementare a quello presente nel rifugio, ugualmente accessibile a tutti i migranti” oltre che necessario mantenere aperto l’unico rifugio rimasto a Oulx, il rifugio Fraternità Massi-Talità Kum, per 24 ora al giorno sempre e non solo in casi straordinari.

 

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