Reddito di cittadinanza, addio nel 2024: cosa cambia da gennaio

Presentata dal governo la legge di bilancio per il 2023. L’addio al reddito di cittadinanza rimandato al 2024: ecco cosa cambia subito

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Reddito di Cittadinanza (Foto Adobe)

Il consiglio dei ministri ha approvato la legge di bilancio. Ora l’iter si conclude con il passaggio in Parlamento. Saranno, infatti, le Camere ad approvare definitivamente il testo entro il 31 dicembre. In questo lasso di tempo i parlamentari potranno presentare emendamenti, ossia modifiche al testo senza poter cambiare, però, i saldi della legge.

Per l’ufficialità, quindi, bisogna attendere l’approvazione definitiva delle Camere ma, in linea generale la legge non subirà stravolgimenti nella fase parlamentare. Tra i provvedimenti più attesi perché fortemente acclamati durante gli anni di opposizione, per i partiti che vi erano, e la campagna elettorale è la modifica del reddito di cittadinanza.

Reddito, la riforma rinviata di un anno: cosa cambia nel 2023

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Reddito di cittadinanza (Foto PIxabay)

La notizia è che la riforma del reddito di cittadinanza è rimandata al 2024. Tuttavia, nel 2023 ci saranno die cambiamenti per alcune categorie di percettori. Infatti, per tutti coloro che hanno un’età compresa tra 18 e 59 anni e non hanno a carico figli minori, disabili o persone dai 60 anni in poi, il sussidio di Stato avrà valore fino ai primi otto mesi del 2023.

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Per color che hanno figli a carico, minori o persone dai 60 anni in avanti, quindi, non cambierà nulla nel 2023 e dovranno attendere, poi, la riforma del reddito di cittadinanza che sarà impostata per il 2024. Discorso rimandato, quindi, per i percettori del reddito che temevano una stretta sin da subito.

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La riforma, poi, sarà affidata al ministro del lavoro Marina Elvira Calderone che dovrà strutturare anche la parte relativa all’inserimento nel mondo del lavoro dei percettori del reddito. Si tratta di velocizzare quanto impostato già negli anni precedenti con risorse messe a punto per assumere personale nei centri per l’impiego. Tuttavia, le operazioni di bando di concorsi pubblici gestito dalle singole regioni per i centri per l’impiego sono andate a rilento nonostante la copertura finanziaria del governo centrale.

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