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Partita Iva, si può avere con residenza all’estero?

La partita IVA italiana è conciliabile con la residenza all’estero? Risponde l’Agenzia delle Entrate in vari comunicati

Partita IVA (Foto Pixabay)

La Partita IVA è sempre più necessaria per lavorare. Non solo per i professionisti quali avvocati, psicologi o altri iscritti ad un albo, ma anche per semplici lavoratori cui l’azienda chiede la prtita IVA per lavorare. In questo modo l’impresa può avere ‘dipendenti’ a costo molto esiguo. Le spese ricadono quasi interamente sul lavoratore, ocmpresi i contributi. Allo stesso tempo, con lo smart working imperante per molti lavori, che potrebbe diventare uno standard, può capitare che un lavoratore trovi lavoro in un’azienda italiana pur risiedendo all’estero.

Se l’azienda di turno richiede la partita IVA italiana, come può fare? La nazionalità dellapartita IVA è importante per motivi fiscali. L’Agenzia delle Entrate si esprime in tema, i cui destinatari sono lavoratori residenti all’estero che abbiano impiego con partita IVA esclusivamente in Italia.

Partita IVA con residenza all’estero, cosa dice l’Agenzia delle Entrate

Partita IVA (Foto Pixabay)

L’Agenzia delle Entrate analizza il caso di una donna residente nel Regno Unito con lavoro a Partita IVA in Italia. Nella risposta ad interpello n. 429 del 16 agosto 2022, l’Agenzia specifica che:

  • è irrilevante, per l’individuazione del soggetto d’imposta in Italia, l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente;
  • la residenza è “res facti”, poiché non può prescindere dall’insistere sul luogo, con relativa stabilità, del soggetto e l’elemento intenzionale assume rilevanza secondaria;
  • il domicilio è, invece, “res iuris” in quanto situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi.

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In parole povere significa che i residenti all’estero con attività professionale in Italia possono avere una partita IVA ordinaria, a patto che il domicilio fiscale sia identificato nel territorio nazionale italiano. In mancanza di tale sede, devono essere italiani il luogo dell’indirizzo permanente o della residenza abituale.

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Per quanto riguarda la tassazione, l’Agenzia delle Entrate, prendendo in esame il caso della donna residente nel Regno Unito, asserisce la questione fiscale è concorrente tra i due Paesi. Ovvero che il titolare di Partita IVA in Italia pagherà in base all’ordinamento italiano, e poi passerà a quello inglese decurtando quanto pagato in Italia.

Pubblicato da
Giulia Borraccino