Tutelare il dissenso come segno di democrazia. La campagna Amnesty

Amnesty International non rimane impassibile riguardo le restrizioni internazionali sul diritto ad esprimere il dissenso. Lancia la campagna “Proteggo la protesta”

diritto protesta
Diritto protesta (Foto Unsplash)

Quando si parla di diritti umani e delle sue violazioni, la mente si rivolge immediatamente agli Stati non democratici per istituzione o per prassi. Purtroppo la realtà è che anche l’Europa sta vivendo un’ondata reazionaria con pochi precedenti nella storia post bellica. Ed un diritto essenziale più di una volta infranto è quello alla protesta. La Costituzione italiana, a cui fanno eco altre “carte” europee, nell’articolo 21 recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E non solo la Magna Carta italiana o europea, ma il diritto internazionale stesso protegge il diritto di protesta.

La libertà di espressione è stata sovente confusa con il diritto a ledere la dignità altrui, nel continuo dibattico politico che ha portato al naufragio del Ddl Zan. Purtroppo quando i bei principi sono espressi in maniera generale, così da essere omnicomprensivi, nel tempo possono generare confusione ed interpretazioni erronee, che necessitano specifiche ulteriori.

Amnesty International si è schierata. Ha preso posizione contro la risposta ostruttiva e violenta delle autorità statali alle manifestazioni organizzate che potevano diventare scomode. Ed in questo modo il diritto alla protesta viene pesantemente inficiato. In un comunicato stampa del 19 luglio 2022, l’associazione lancia una campagna dal titolo “Proteggo la protesta“, sfidando le reazioni istituzionali al dissenso.

“Dalla Russia allo Sri Lanka, dalla Francia al Senegal, dall’Iran al Nicaragua, le autorità statali si stanno servendo di tutta una serie di misure per sopprimere il dissenso organizzato: leggi e provvedimenti che limitano il diritto di protesta; uso illegittimo della forza; espansione della sorveglianza illegale, di massa o mirata; chiusure di Internet e censura online; violenza e stigmatizzazione. I gruppi marginalizzati e discriminati vanno incontro anche a ulteriori ostacoli”.

La società civile tende ad accogliere senza disdegno queste pratiche perpetrate dai governi. Il dissenso non viene inteso come legittima forma di espressione, ed anche arricchimento della cultura di una società, bensì come una minaccia allo status quo ed al privato, in cui la collettività si sta sempre più rifugiando. Senza ricordare che proprio la protesta, e la sua esercitazione, ha permesso di guadagnare quei diritti che oggi si conservano gelosamente. E questa distorsione diventa un alibi governativo per militarizzare l’ordine pubblico.

Anche in Francia le nuove leggi consentono assetti militari durante le manifestazioni organizzate, come l’antisommossa, spesso accompagnato da veicoli blindati, aerei militari, droni per la sorveglianza, fucili e altre armi d’assalto, granate assordanti e cannoni sonori.

Da questa tendenza crescente dall’inizio degli anni Duemila scaturisce un riflusso reazionario, che non colpisce solo gli stati dittatoriali, ma l’Europa stessa. E non solo con le armi, ma anche con il crescere di una cultura massificata e conformista.

Amnesty International con questa campagna si propone di sostenere le cause dei movimenti sociali che premono per un cambiamento in favore dei diritti umani, e di proteggere le persone prese di mira, sfidando al contempo le repressioni alle proteste.

Conclude Agnes Callamard, segretaria generale di Amnesty International: “La nostra campagna arriva in un momento critico. Il prezioso diritto di protesta viene eroso a una velocità terrificante e dobbiamo fare tutto il possibile per impedire che ciò prosegua. Negli ultimi anni, sono state uccise tantissime persone che prendevano parte a proteste. È anche per loro che dobbiamo alzare le nostre voci e difendere il nostro diritto di dire la verità al potere, attraverso le proteste in strada e online”.

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