Le cartelle esattoriali sono soggette a decadimento dopo che è passato il tempo necessario per la prescrizione. Vediamo quali
L’invio delle cartelle esattoriali inevase è uno dei timori fiscali maggiori degli italiani. A fronte dei mancati pagamenti, o di errori in difetto in conseguenza della dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate manda solleciti di pagamento al domicilio del contribuente, comprensivi di more e sanzioni che fanno salire non di poco l’importo della cartella.
Nel tempo le varie norme hanno creato ad hoc delle formule per la riscossione accelerata, come ad esempio la rateizzazione programmata dei debiti, che comporta il condono delle sanzioni e delle more. Durante il periodo della pandemia è stato introdotta una sospensione dei pagamenti. Ma già da diversi mesi gli agenti di riscossione hanno ripreso il loro lavoro.
Con dei provedimenti specifici del Governo Conte, ed a seguire del Governo Draghi, le cartelle innevase – relative al periodo fiscale 2000-2010 – fino a 1.000 euro sono state depennate in automatico. Lo stesso dicasi per quelle fino a 5.000 euro, nello stesso arco fiscale, per i contribuenti con redditi inferiori ai 5.000 euro.
Tutti gli altri i debiti fiscali andranno pagati a breve. Se non si è pianificato un piano di rateizzazione, gli interessi cresceranno con l’aumentare del ritardo. Ma anche le cartelle esattoriali, come altre imposte o sanzioni, sono soggette a prescrizione.
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Ciò significa che se non si sono ricevuti solleciti di pagamento, si può richiedere la decadenza della cartella. Le tasse ed i tributi erariali si prescrivono in 10 anni. Tra queste rientrano l’Irpef, l’Iva, le imposte di bollo e di registro. Mentre invece le tasse locali, di cui fanno parte l’Imu, la Tasi e la Tari, cadono in prescrizione dopo 5 anni. Per verificare se si rientra in queste condizioni si può controllare sulla data indicata nella cartella esatoriale.