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Greenpeace, Olanda primo paese UE a ridurre gli allevamenti per salvare il pianeta

Greenpeace ha diffuso un comunicato stampa sul proprio sito ufficiale in cui annuncia che l’Olanda sarà il primo Paese in Europa a decidere di ridurre di ben il 30% il numero degli animali allevati per contrastare l’inquinamento prodotto dalla zootecnia

Allevamenti intensivi (foto: Pexels)

Si tratta di un primo passo storico e di una presa di coscienza che deve far riflettere anche gli altri Paesi membri dell’UE ma non solo. Le associazioni ambientaliste si battono da tempo perché venga riconosciuto l’impatto dannoso che gli allevamenti intensivi hanno sull’ambiente oltre che la situazione molto spesso indegna in cui sono costretti a vivere gli animali.

L’annuncio da parte del Governo olandese è quindi di portata storica. Per ridurre della metà le emissioni di azoto di tutta la nazione entro il 2030, tra le varie opzioni è stata aggiunta anche la riduzione del 30% del numero dei capi allevati sul territorio olandese. E per aiutare gli allevatori sono già stati stanziati 25 miliardi di euro a copertura di quelli che potremmo definire danni collaterali.

Si tratta di una vittoria soprattutto per Greenpeace Olanda che, come ricordato nel comunicato stampa, a maggio dell’anno scorso ha inviato al proprio governo una lettera di messa in mora per non aver rispettato la Direttiva Habitat che impone agli Stati membri dell’UE di adottare sistemi per evitare il deterioramento degli habitat naturali più delicati.

Come sottolineato anche da Simona Savini, campagna agricoltura di Greenpeace Italia, “l’Olanda manda un segnale forte anche agli altri Paesi europei: è ora di agire con coraggio se si vuole davvero fermare la distruzione della natura in Europa e in altre regioni del mondo, visto che i terreni destinati all’alimentazione animale continuano a divorare preziosi habitat naturali“.

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Tra i Paesi che sono oggetto di procedure di infrazione proprio per non rispettare le direttive riguardo i nitrati derivanti dall’azoto (che a sua volta è un sottoprodotto nocivo della zootecnia intensiva) c’è anche l’Italia anche se, continua Savini, a quanto pare ridurre il numero dei capi allevati nel nostro Paese “continua a essere un tabù per la politica italiana”, anche se in realtà il mercato sembra ormai pronto per questo cambiamento.

Savini ricorda infatti, e noi con lei, che la domanda di carne e prodotti derivati dagli animali sta progressivamente diminuendo con conseguente crisi che si abbatte ciclicamente sui produttori e allevatori. Da parte nostra non possiamo che sperare che anche il governo italiano finalmente apra gli occhi e decida per interventi coraggiosi che tutelino l’ambiente, il benessere animale non solo a parole, il lavoro degli allevatori e la collettività.

Pubblicato da
Valeria Poropat