Buoni fruttiferi, quelli in lire ora valgono una fortuna: le cifre

La sentenza del Tribunale di Torino ha dato ragione ad una risparmiatrice. Ed ora altri potranno ritirare un piccolo tesoro in buoni postali

buoni fruttiferi postali
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I buoni fruttiferi postali sono storicamente tra le forme di investimento privilegiate dagli italiani. Innanzitutto perché la garanzia è statale e quindi, anche se con tassi di interesse inferiori rispetto ad altre forme di investimento, sono degli investimenti più sicuri. Ed ancora oggi molti risparmiatori decidono di investire denaro con i buoni postali, per sé o per un minore.

Ma dagli anni ’80 i tassi di rendimento sono inferiori. I buoni fruttiferi postali possono avere valenza anche trentennale, quindi qualche risparmiatore può aver aperto il buono prima che ci fosse la conversione in euro. Per un certo lasso di tempo, dal 1986, si sono emessi buoni con la serie “P”, che aveva rendimenti inferiori rispetto alla precedente serie “Q”, marchiati con il simbolo Q ma con un contrassegno che li identificava come serie P. Solo che i contrassegni hanno validità decennale.

Buoni fruttiferi trentennali, quanto valgono oggi?

buoni fruttiferi
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Quindi, seguendo il ragionamento precedente, i buoni fruttiferi serie Q con contrassegno P, a logica seguono i tassi di interesse più bassi solo per 10 anni. I 20 anni successivi dovrebbero tornare i tassi di rendimento maggiori della serie Q.

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Il caso è emerso quando Poste Italiane voleva restituire ad una risparmiatrice una cifra inferiore. Il Tribunale di Torino si è espresso a favore della donna. Poste Italiane avrebbe pagato 28.000 euro, mentre la sentenza giudiziaria ha stabilito che la cifra da riscattare era di 65.000 euro. Ed ora Poste Italiane, che voleva pagare tutti e 30 gli anni con i tassi di rendimento P, sarà costretta a pagare oltre il doppio.

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