Alcune note catene di supermercati europei hanno detto ‘no’ alla carne bovina che proviene dalla deforestazione del Brasile

Carrefour, Lidl, Auchan ed altri hanno finalmente deciso di boicottare l’abominio ecologico causato dagli allevamenti intensivi di bovini in Brasile

deforestazione amazzonia
Janusz Maniak

Ogni tanto una buona notizia arriva anche dalle multinazionali, a conferma che pur se corree di un mercato lobbystico, non sempre incarnano il male. Da un articolo di Greenme si apprende che le catene di supermercati Sainsbury’s nel Regno Unito, Carrefour e Delhaize in Belgio, Lidl Olanda e Auchan in Francia hanno dato uno stop all’approvvigionamento di carne bovina che proviene dalle aziende che operano la deforestazione illegale in Brasile. E la speranza è che molte altre le seguiranno.

Le problematiche legate agli allevamenti intensivi di bovini in Brasile è cosa nota a molti. Quello che può sfuggire è che l’Europa, mentre pubblicizza una sua conversione sempre più green, finanzia costantemente gli accordi commerciali con le aziende del sud-America, per far fronte alla sempre crescente domanda di carne bovina, senza dare troppo peso a come questo prodotto finisca sul mercato.

In Brasile, accanto alla crescente deforestazione dell’Amazzonia per guadagnare spazio da destinare agli allevamenti di bovini, esiste un’altra pratica per aggirare l’illegalità. Ovvero il fenomeno del “riciclaggio del bestiame”. Gli animali allevati su un appezzamento di terreno deforestato illegalmente vengono poi trasferiti a una fattoria libera dalla deforestazione per essere ingrassati prima di essere macellati e lavorati.

In questo modo si “ripulisce” la pratica sporca di deforestare il terreno, ma è solo una facciata. Una nuova ricerca, condotta da Repórter Brasil in collaborazione con il gruppo della campagna Mighty Earth, ha svelato quanto le più grandi aziende di produzione di carne bovina in Brasile siano dannose per la foresta amazzonica. E da questo studio emerge come il numero sia ben maggiore di quello riportato dalle statistiche ufficiali.

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A fronte dell’inchiesta, che ha puntato l’indice con cognizione di causa, le sopracitate catene di supermercati hanno deciso di prendere le distanze dalle società incriminate, dato che la vera origine del bestiame è spesso nascosta, e non è facile distinguere gli allevamenti “sporchi” da quelli “puliti”.

Quindi anche le multinazionali possiedono un’etica che può esulare dalle logiche del profitto a tutti i costi. Ma in ogni caso, nonostante il colore verde ormai sia diventato il più pubblicizzato dalle multinazionali, siamo ancora ben lontani da una conversione reale dell’economia, che deve necessariamente passare attraverso una riduzione dell’offerta. Ed il mercato non è ancora pronto. Ma forse qualche prima pietra si sta iniziando a poggiare.

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