Videogiochi, perché è importante cambiare il nostro punto di vista

Quello dei videogiochi è un settore che molto spesso non viene percepito come reale fonte di fatturato per le nazioni, ma come dimostrano i dati diffusi dal Censis nel 2020 il fatturato è arrivato a 2,2 miliardi di euro. In Italia ci sono in totale 160 imprese che lavorano nell’industria dei videogiochi con 1600 addetti

foto Stas Knop Pexels

E di certo non passano il tempo a giocare.

Si tratta quindi di un settore economico sottovalutato è che invece può trasformarsi in un volano per tutto il settore tecnologico. Esistono Paesi, per esempio la Regione del Québec in Canada, che hanno fatto del rapporto con gli studi di sviluppo di videogiochi una delle principali, se non la principale, fonte di reddito e adottano politiche di promozione proprio per attirare questo genere di talenti e di società.

Qualcosa però potrebbe muoversi anche da noi con i fondi previsti dal PNRR: 45 milioni di euro destinati alle piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e le imprese culturali in cui potrebbero ampiamente rientrare le società che sviluppano videogiochi. Con questo investimento nel 2026 il fatturato delle imprese potrebbe arrivare fino a 357 milioni di euro contro i 90 milioni di euro del 2020.

Investire nei videogiochi come prodotto, superando i luoghi comuni, porterebbe lavoro a giovani talenti con una ricaduta positiva anche per il fisco, dato che si potrebbero generare ben 81 milioni di gettito fiscale aggiuntivo.

Secondo la ricerca realizzata dal Censis in collaborazione con IIDEA, gli italiani credono fortemente che il settore dei videogiochi possa portare nuovi posti di lavoro, e che proprio la creatività dei nostri sviluppatori potrebbe trasformarli in ambasciatori del nuovo made in Italy.

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Interessante notare i dati relativi alla percezione che gli italiani hanno del videogioco come strumento di divulgazione e didattico, e non soltanto come passatempo divertente ed emozionante: il 59,1% degli italiani pensa che i videogiochi possano dare un ampio contributo alla divulgazione scientifica. Non va sottovalutato il contributo che i videogiochi danno nella gestione di alcune specifiche patologie come per esempio l’iperattività e il deficit dell’attenzione.

Marco Saletta presidente di IIDEA sottolinea come occorra supportare la crescita dei videogiochi “sia sotto il profilo tecnologico, sia verso un modello di intrattenimento a trazione sociale, mettendo al centro la forte interattività relazionale tra le persone“.

A Saletta fa eco Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, che evidenzia come sia ormai ora di “accendere un cono di luce sul settore del gaming. Non soltanto per il rilevante contributo economico e occupazionale dell’industria italiana dei videogiochi. Ma anche per le funzioni sociali che può svolgere, finora sottovalutate: dal supporto alla didattica nelle scuole allo sviluppo delle abilità cognitive dei giovanissimi. Gli italiani dimostrano in larga parte di esserne consapevoli, ora va svecchiata una certa narrazione stereotipata“.

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