“Parole nuove”, un ciclo di podcast dell’OIM per raccontare le migrazioni

5 neologismi, uno per ogni appuntamento. Inventare un nuovo modo per narrare la condizione dei migrati è l’intento dell’iniziativa dell’OIM

migrazioni mappamondo
Krzysztof Hepner (unsplash)

Il cambiamento della società passa necessariamente attraverso il rinnovamento del linguaggio. Il modo di definire le persone, le situazioni sociali, i luoghi, deve andare pari passo con una visione lucida del presente.

L’OIM, organizzazione internazionale delle per le migrazioni, lancia un ciclo di poscast in cui vengono create delle parole nuove, dei neologismi, per trattare la migrazione in Italia. I media, in particolare i mainstream, quando parlano di migrazione, rimangono ancorati a termini desueti, di provenienza coloniale, per definire sia i flussi migratori che gli individui che, pur se appartenenti ad una cultura lontana, dell’Italia hanno fatto la loro dimora.

Apprendiamo questo progetto da un comunicato stampa dell’OIM datato il 10 novembre. Nel primo podcast Nadeesha Uyangoda, autrice di saggi sull’argomento, è stata intervistata, ed ha riportato interessanti considerazioni sulle parole che etichettano i migranti. Nella stessa sede, come riscatto o compensazione delle numerose parole razziste che vengono esaminate, è stato creato un neologismo: “onneade”, un termine che “va pronunciato tutto d’un fiato”.

Onneade vuol dire condividere lo stesso sogno, ed è questo il simbolo di appartenenza di tutti coloro che si spostano dal proprio paese d’origine per cercare condizioni di vita migliori.

Ad ogni incontro verrà creata una parola nuova, che attraverso il suo suono ed il suo significato, contribuirà ad identificare una società il più possibile appartenente a quella reale in cui tutti noi viviamo, e non fatta di stereotipi vetero-coloniali.

Leggi anche: Reddito di libertà, per D.i.Re. si tratta solo di “un intervento di facciata”

Leggi anche: Save the Children, un programma contro la dispersione scolastica in Italia

E ciò non si riduce alla lingua politically correct, vissuta da molti come una specie di privazione o di censura; il politicamente corretto è la sottrazione di termini potenzialmente offensivi; l’iniziativa dell’OIM, al contrario, contribuisce a creare, non a demolire una lingua.

Le parole, ed il loro contributo alla narrazione del presente, possono creare un’architettura nuova non solo per interpretare, ma anche per vivere la realtà.

A questo link il comunicato dell’OIM

Impostazioni privacy