Conto corrente cointestato, attenti alle tasse se non c’è accordo

La Cassazione ha deliberato su un caso riguardante un conto corrente cointestato creando un precedente che è destinato a ripercuotersi sulla vita di moltissime coppie

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Attenzione se avete un conto corrente cointestato. Una sentenza della Cassazione emessa lo scorso 22 settembre ha infatti chiarito un principio che non può essere scavalcato.

La sentenza ha riguardato il caso di un marito che ha prelevato del denaro dal conto cointestato con la moglie che però non risultava d’accordo con questo prelievo. Alla fine, il marito si è visto rifiutare il ricorso e ha poi ricevuto anche un accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Vediamo quindi il caso specifico per capire in quali ambiti si applica la sentenza.

Conto corrente cointestato, se non c’è accordo non vale

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Aprire un conto corrente cointestato è qualcosa di normale per una coppia, in particolare per le coppie sposate. Può capitare, infatti, di dover prelevare delle somme di denaro per spese improvvise e impreviste e che solo uno dei due coniugi possa recarsi in banca. Se il coniuge che si reca in banca non è cointestatario del conto non può prelevare nulla, a meno che non sia dotato di bancomat ma in quel caso c’è un limite preciso sulla cifra che può essere prelevata.

Con il conto cointestato i coniugi hanno lo stesso diritto a prelevare somme di denaro. Quello che chiarisce la sentenza della Cassazione numero 25684 emessa lo scorso 22 settembre 2021 è che deve esserci accordo nella decisione di prelevare il denaro da parte di entrambi i coniugi. Come chiarito dalla Corte di Cassazione infatti se non c’è accordo sul prelievo dei soldi dal conto cointestato per poi vengoo riversati sul conto appartenente a uno solo dei due si va incontro a un illecito.

Ed è quello che è stato riscontrato in questo caso: il marito aveva prelevato soldi dal conto cointestato e li aveva riversati sul proprio conto senza che la moglie fosse d’accordo. La Corte ha quindi respinto il suo ricorso proprio sulla base del mancato consenso.

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Il marito è stato quindi condannato a risarcire la moglie restituendo la cifra ma, in base anche alla normativa riguardante i ricavi reddituali che fanno capo all’articolo 6 del DPR 22 dicembre 1986 numero 917, ha ricevuto poi da parte dell’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento con cui gli veniva richiesto il pagamento dell’Irpef su questi soldi che sono stati configurati come guadagno e non come donazione.

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