E-commerce, se i negozi fisici non si sapranno adeguare soccomberanno: lo riporta un’indagine

L’Italia ha incrementato notevolmente l’acquisto online. Da un’indagine post pandemia sembrerebbe un fenomeno irreversibile

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L’Agi, in data 1° luglio, riporta un’indagine sulla relazione tra diminuzione del margine economico dei negozi al dettaglio ed incremento dell’e-commerce post pandemia.

In Italia si è registrato un aumento notevole degli acquisti online, caratterizzati soprattutto da un mutamento delle abitudini dei consumatori. Da quanto emerge dal report “I costi nascosti dell’e-commerce” della società di consulenza globale Alvarez&Marsal realizzato in collaborazione con Retail Economics, gli italiani che si sono svezzati con il commercio online non tornano più indietro.

Dopo aver superato lo scoglio della burocrazia digitale, apertura dell’account, immissione dei metodi di pagamento, etc., la scoperta del mondo degli acquisti digitale affascina a tal punto gli italiani da sceglierlo come canale preferenziale di consumi.

Afferma Alberto Franzone, Country Co-Head di Alvarez&Marsal in Italia: “I consumatori italiani sono, fra quelli presi in considerazione dall’indagine, i più propensi a considerare permanente la rivoluzione digitale che ha investito il mondo dei consumi domestici. Il 38,4% dei nostri connazionali, infatti, ha affermato di non voler tornare a un modello di acquisto pre-pandemia, contro il 33% degli Spagnoli e 29,6% degli Inglesi.”

L’acquisto online è preferito per i settori merceologici quali elettrodomestici, casalinghi ed abbigliamento, mentre nel settore dei beni di lusso di predilige il contatto diretto con l’esercizio commerciale.

Cattive notizie per i retailer, gli esercenti al dettaglio. L’ingresso dell’e-commerce nella vita delle persone penalizza notevolmente i punti vendita.

“Sarà proprio l’Italia il paese che più di tutti in Europa vedrà assottigliarsi i margini di profitto dei retailer:, entro il 2025 la redditività del settore retail scenderà infatti dal 3,5% al 2,6% con un saldo negativo di -3,7 miliardi di euro”.

A parere di Franzone gli esercizi commerciali dovrebbero rendersi più competitivi sul mercato, incoraggiando nei propri punti vendita un doppio canale commerciale, fisico o online. Questo processo di mutamento del settore commerciale deve modularsi sulle nuove richieste, come le spedizioni rapide e la possibilità di resa del prodotto.

Ma a parere di chi scrive, assecondare indiscriminatamente il nuovo corso commerciale, non è sempre una buona strategia. Innanzitutto molti negozi, soprattutto nei centri storici delle città, vivono grazie alla propria identità, non solamente dei prodotti venduti, ma di tutte quelle componenti che fanno caratteristico un luogo.

Trasporre questi “sapori” e fascinazioni sul web è molto difficile, e forse anche poco etico. Significherebbe sdradicare un’attività dal proprio luogo.

Inoltre, con l’incoraggiamento del commercio a distanza, si perderebbe ancora di più la professionalità del commerciante. L’intermediazione umana, nel caso ad esempio delle librerie, non è un contributo accessorio, ma uno scambio che consente al cliente di apprendere molto più di quanto si aspetti.

Probabilmente l’unica chance per evitare la chiusura definitiva dei negozi, richiederebbe un sostegno pubblico, ed un piano di ricostituzione identitaria delle città, a partire dallo scenario commerciale. Ma credo si stia entrando pericolosamente nel campo dell’utopia.

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A questo link la fonte Agi dell’articolo

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