Il fenomeno “affitti brevi” nel mirino del Fisco

Il fenomeno “affitti brevi” ha pesantemente attirato l’attenzione del fisco. Grazie al Decreto Crescita, gli uffici dell’Agenzia delle Entrate potranno a breve accedere alla banca dati “Alloggiati Web” della Polizia di Stato, su cui piattaforme come Airbnb, Booking o Homeaway sono obbligate a fornire le generalità degli affittuari. Successivamente, il Fisco utilizzerà tali dati per controllore il rispetto degli adempimenti fiscali.

Il problema che, a fine 2018, questa banca dati era piuttosto scarna: 195.000 gli appartamenti registrati, a fronte degli annunci disponibili, che nel mese di luglio ammontano a 416.000 sul sito Airbnb (non è il solo).

Matteo Frigerio, Amministratore Delegato di Airbnb Italia, ha cercato di spiegare questa discordanza: “Stiamo lavorando tanto affinché gli host rispettino le regole. Abbiamo allestito pagine informative e mandiamo continuamente email per ricordare l’importanza di adempiere alle regole. Fin dal 2016, la nostra attenzione sulla normativa in materia di sicurezza è serrata, grazie soprattutto ad un primo accordo con la Prefettura e il Questore di Roma durante il Giubileo”.

Inoltre, Frigerio ci teneva a puntualizzare che “non tutti gli annunci riguardano affitti di alloggi tra privati. Vengono categorizzati in base ad alcuni criteri di ricerca e non in molteplici categorie. In poche parole, nella nostra piattaforma si possono trovare affittacamere gestiti in forma imprenditoriale, B&B e anche stanze di hotel”.

Nonostante le dichiarazioni di Frigerio, il fenomeno resta ancora sfuggente e scarsamente regolarizzato. Se si analizzano i dati su base provinciale, emerge che a Venezia è tutto in regola, dove ci sono più di 63.000 alloggi che posseggono le credenziali giuste, mentre ad Avellino il fenomeno degli affitti brevi, pur se notevolmente contenuto, mette in evidenza la totale assenza di appartamenti presenti su Alloggiati Web.

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