Secondo il Fisco, il sommerso in Italia vale circa 119 miliardi di euro

Se ci fosse un modo realistico per scavare a fondo nel territorio appartenente all’economia, vedrebbero la luce tesori dal valore inestimabile. Nascosti da chi? Dalle persone fisiche italiane, o meglio da quelle che non dichiarano quanto dovrebbero. Questa pratica viene definita economia sommersa e in Italia ammonta a circa 119 miliardi di euro, un capitale davvero notevole.

A primeggiare in questa modus operandi poco legale sono soprattutto le regioni del Sud, in particolare Sicilia, Campania e Calabria. Questa scoperta si deve grazie allo studio portato avanti dal Dipartimento Economia, Impresa e Società dell’Università della Tuscia, il quale ha esaminato le dichiarazioni dei redditi di tutti i contribuenti italiani del 2017 e poi li ha confrontate con i consumi fatti dalle famiglie nello stesso anno. Il divario risultante tra consumi e reddito disponibile è del 17,5%. In poche parole, l’ammontare del capitale celato nell’economia sommersa è 5 volte maggiore ai 23 miliardi che occorrerebbero per scongiurare l’aumento dell’IVA.

Dallo studio si evince inoltre che, in linea teorica e considerando tutti i contribuenti italiani nel 2017, la spesa complessiva è stata di 118,8 miliardi in più da quanto emerso da le complessive dichiarazioni dei redditi. In poche parole, sono stati utilizzati soldi che di fatto non potevano esistere. Nella ricerca è stata omessa la casistica delle società di capitali e dell’IVA.

Andando nello specifico, ossia regione per regione, il primo posto viene occupato dalla Campania, dove il divario tra dichiarazione dei redditi e consumi è del 29,02%; a seguire, la Calabria, col 26,77% e la Sicilia, in cui la percentuale e del 26,51%. L’ultima posizione della classifica regionale è occupato dalle Marche con l’1,17%. Prendendo invece in esame il biennio 2016/2017, il sommerso è pari a 217 miliardi di euro, con la Campania che occupa nuovamente il primo posto col 24,97%, seguita dal Lazio col 22,59% e dal Molise col 22,56%. Di nuovo all’ultimo posto ci sono le Marche, che mostra una percentuale addirittura negativa (-0,22%).

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