Secondo Ubs, le banche italiane torneranno a vendere bond

I nuovi regolamenti europei Mrel potrebbero avere un impatto negativo sulla raccolta dei fondi comuni d’investimento in Italia. Quanto detto è l’espressione del timore manifestato da Ubs su ciò che questi regolamenti affermano, ossia la necessità di possedere dei requisiti minimi sui fondi di proprietà e su passività da sottoporre al bail-in, in modo da assicurare che un istituto di credito possieda le adeguate risorse patrimoniali per far fronte ad eventuali perdite. Il pericolo è che le banche potrebbero emettere nuovi bond sulla clientela a discapito dei fondi comuni.

L’Ubs, considerando la recessione tecnica dell’economia italiana, vede i nuovi afflussi nei fondi comuni molto deboli nei prossimi quattro anni. Inoltre, la stima sulla loro vendita non supera i 20 miliardi di euro fino al 2020. Ciò significa un calo del 70% rispetto ai 64 miliardi di euro di afflussi tra il 2013 e il 2017.

Secondo il colosso finanziario svizzero, quando entreranno in vigore i suddetti regolamenti, le banche italiane, entro il 2022, dovranno avere a bilancio attività ponderate tra il 21 e il 26% in modo da essere in grado di assorbire eventuali perdite di capitale.

Quanto detto avvalora il rischio che la vendita di nuovi bond bancari oscuri i fondi comuni d’investimento. D’altronde, dal 2011 in poi l’acquisto di obbligazioni bancarie da parte degli italiani si è ridotto in modo significativo, soprattutto a causa delle variazioni e dell’incertezza fiscale. Naturalmente, a beneficiarne sono stati proprio i fondi comuni. In ultimo, Ubs è convinta che le banche emetteranno nuovamente bond retail, cosa già accaduta con Ubi, che ha emesso un bond al dettaglio con scadenza triennale proprio di recente.

Impostazioni privacy