Tutto sui piani del Governo per la flex tax: cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi

La manovra è ancora in fase iniziale, ma già emergono ipotesi su cosa comporterà la nuova flat tax: tanti cambiamenti per i lavoratori.

La manovra è ancora in una fase preliminare, il Parlamento è chiuso per la pausa estiva e i lavori veri inizieranno solo a settembre. Eppure i partiti hanno già iniziato a far trapelare le loro prime proposte.

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Tutto sui piani del Governo per la flex tax: cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi – consumatore.com

Finora l’attenzione si è concentrata soprattutto su fisco e pensioni, ma adesso il tema che prende spazio è quello degli stipendi, con due ipotesi che potrebbero incidere molto sul lavoro quotidiano di milioni di persone.

Flat tax su straordinari, notturni e festivi: come cambierebbe la busta paga

La prima idea è una flat tax applicata a straordinari, turni festivi e lavoro notturno. In pratica, le voci variabili dello stipendio verrebbero tassate con un’aliquota più bassa rispetto a quella ordinaria. È un meccanismo già sperimentato con i premi di produttività, che oggi scontano il 5% di Irpef.

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Flat tax su straordinari, notturni e festivi: come cambierebbe la busta paga – consumatore.com

Le nuove regole dovrebbero prevedere limiti simili: un tetto massimo di importo su cui applicare la tassazione agevolata e un limite di reddito per chi può beneficiarne. Un esempio potrebbe essere: Irpef al 5% su straordinari fino a 3.000 euro annui, ma solo per chi non supera gli 80.000 euro di reddito. Si tratta, per ora, solo di ipotesi.

Contratti collettivi: cosa cambia con la nuova flex tax

L’altra proposta riguarda i contratti collettivi, uno dei grandi nodi del mercato del lavoro italiano. Troppo spesso scadono e restano congelati per anni, lasciando i dipendenti senza aumenti mentre l’inflazione continua a crescere. L’idea, che arriva soprattutto dalla Lega, si muove su due fronti.

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Contratti collettivi: cosa cambia con la nuova flex tax – consumatore.com

Il primo prevede un premio fiscale per le aziende che chiudono il rinnovo entro sei mesi dalla scadenza: le tasse sugli aumenti di stipendio verrebbero dimezzate per tre anni, oppure l’Irpef ridotta al 5% sempre per tre anni.

Il secondo tutela i lavoratori rimasti troppo a lungo con un contratto scaduto: se dopo due anni non è stato trovato un accordo, scatterebbe un adeguamento automatico della busta paga al costo della vita, fino a un massimo del 5% annuo. Per esempio, se un contratto scade a gennaio 2025 e a gennaio 2027 non ce n’è ancora uno nuovo, da luglio 2027 scatterebbe un incremento legato all’inflazione, ripetuto ogni anno fino al rinnovo.

Come verranno finanziate queste misure?

Resta aperta la domanda più delicata: come finanziare queste misure. Secondo i retroscena, il governo starebbe pensando a un contributo da chiedere al sistema bancario, con un confronto già in agenda con l’Abi. Una strada che non convince Forza Italia, ma che il ministro dell’Economia Giorgetti aveva evocato anche al meeting di Rimini, parlando della necessità di un “pizzicotto” alle banche per sostenere famiglie e lavoratori.

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