Creata in laboratorio pelle artificiale per robot, il futuro ci somiglia (troppo)?

Grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori dell’università di Tokyo siamo arrivati ad avere i primi brandelli di pelle creata in laboratorio in grado di rivestire parti meccaniche. L’esperimento dei ricercatori giapponesi apre sicuramente una nuova pagina che ci avvicina a un futuro in cui gli androidi ci somiglierano davvero. E le questioni etiche si moltiplicano.

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Androidi che ci somiglieranno sempre più (foto Unsplash)

Prima però di riflettere sulle implicazioni etiche della possibilità di avere macchine che somiglino esteticamente ad un essere umano, ripercorriamo quelli che sono i traguardi scientifici raggiunti dal team guidato dal professor Shoji Takeuchi.

A riportare la notizia è la sezione Matter del sito scientifico cell.com in cui è possibile leggere anche un interessante summary dell’esperimento e dei risultati ottenuti. Come si legge proprio nel summary, lo scopo dello studio e degli esperimenti di questo gruppo di ricercatori è stato effettivamente quello di proporre l’utilizzo di un “equivalente della pelle” per ricoprire i robot in maniera tale da poter dare alle macchine un aspetto più umano e quindi “stabilire interazioni umano robot più armoniche e naturali” .

Le fascinazioni cinematografiche riguardo robot che assomigliano agli esseri umani sono moltissime ma qui si parla di un dito robotico composto di tre segmenti, come può essere per esempio il dito indice di una mano, che è stato trasformato in qualcosa di simile a un dito umano attraverso un sistema per coprire oggetti tridimensionali con pelle equivalente composta da una matrice cellulare ed extracellulare.

Le capacità di questa pelle artificiale e allo stesso tempo reale sono state messe alla prova non soltanto nel momento in cui le giunture del dito sono state mosse per vedere se la pelle reagiva adattandosi alla struttura sottostante ma anche nello specifico provocando danni per verificare se la pelle era in grado di rimarginare le ferite. E, come racconta anche il prof Takeuchi, se non fosse stato per il clic metallico, il dito sarebbe passato per reale.

Il percorso che ha portato alla creazione della pelle artificiale intorno al dito robotico assomiglia in particolare a quello di creazione di molti androidi di nuovo cinematografici e, di nuovo, dobbiamo ricordarci che ormai quello che pensavamo essere fantascienza sta rientrando a tutti gli effetti nel dominio della scienza applicata.

E dato ciò che questo team di sviluppo giapponese è riuscito a fare, creando uno strato di cellule umane in grado di ricreare la texture della pelle umana e addirittura la sua stessa capacità di trattenere l’umidità, si aprono anche nuove questioni etiche. Soprattutto un pensiero va fatto: nel momento in cui saremo in grado di avere androidi che assomigliano in tutto e per tutto agli esseri umani e che magari riescono a parlare come gli esseri umani grazie allo sviluppo delle intelligenze artificiali, come faremo effettivamente a distinguere un essere umano da una macchina?

E che cosa potrebbe succedere se qualcuno decidesse di utilizzare queste macchine “travestite” da esseri umani per scopi fraudolenti o commettere crimini? Lungi da noi pensare che la scienza debba fermarsi ma, questo occorre ricordare, ogni volta chye c’è un progresso scientifico ci si deve poi prendersi la responsabilità anche di ciò che con il frutto di questo progresso viene fatto.

La scienza non ha colore politico ma basta guardare al nostro a volte abonimevole passato recente per renderci conto che occorre necessariamente sviluppare una coscienza critica generalizzata prima di trovarci in situazioni in cui l’essere umano perda il suo aggettivo distintivo.

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