Inceneritori o economia circolare? Trattare i rifiuti in modo conveniente

Con le dichiarazioni del sindaco di Roma Roberto Gualtieri riguardo la volontà di costruire un inceneritore per far fronte all’emergenza rifiuti, occorre fare un po’ di chiarezza su quello che è l’effettivo funzionamento e l’effettiva efficacia di questi sistemi di smaltimento dei rifiuti a confronto con la possibilità di avviare e chiudere un ciclo virtuoso di recupero

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Inceneritore o economia circolare? (foto Unsplash)

A tentare di portare un po’ di chiarezza ci prova Legambiente dal suo sito Unfakenews. Ma per capire la posizione di Legambiente e per comprendere poi meglio le altre informazioni vogliamo partire dal fondo del testo che compone il focus: “È conveniente costruire nuovi inceneritori?“.

Volendo riassumere la risposta è semplicemente: no. Nel testo pubblicato dall’Associazione ambientalista si fa innanzitutto notare come in realtà l’economia si stia lentamente ma progressivamente spostando verso modelli circolari in cui i rifiuti non sono cose di cui disfarsi a diventano materie che vanno re inserite nel ciclo produttivo. “L’incenerimento di tali materiali risponde a logiche economiche superate, di tipo lineare, che si basa su uno sfruttamento delle risorse naturali praticamente illimitato“.

Pensare infatti di semplicemente eliminare quelli che sono considerati rifiuti anziché cercare di riutilizzarli e recuperare tutto il materiale possibile continua a proporre un modello di economia miope, in cui non si tiene in considerazione che in realtà nessuna delle materie presenti sul pianeta è effettivamente perenne.

A differenza di quello che potrebbero essere i benefici in termini di produzione di energia elettrica derivanti dalla creazione e costruzione di un nuovo inceneritore, l’economia circolare permette di apportare benefici che ricadono a pioggia su tutti gli aspetti della vita civile, a cominciare dai posti di lavoro per finire con la salute e il clima.

Perché se pure ci sono diversi studi epidemiologici che in realtà hanno sconfessato alcuni timori riguardo una maggiore incidenza di forme tumorali nelle popolazioni che vivono vicino agli impianti di incenerimento, c’è da tenere in considerazione le grandissime emissioni di CO2 nonchè l’inquinamento da metalli pesanti nel terreno.

Il sistema che tiene in piedi un inceneritore è poi estremamente complesso dato che, nelle diverse fasi di trattamento dei rifiuti utilizzati come combustibile, è necessario tenere sotto controllo e bonificare i fumi prodotti dalla combustione, le ceneri che rimangono e fornire energia per la combustione stessa.

Si potrebbe comunque pensare che un inceneritore sia un modo economico per eliminare rifiuti ma, dato che da parte del Parlamento Europeo è arrivata l’approvazione a un emendamento che inserisce l’incenerimento dei rifiuti negli schemi ETS, ovvero gli schemi per cui le società, e gli stati, pagano in base alle tonnellate di CO2 emesse, è evidente che per quanta energia elettrica si possa tirare fuori dai rifiuti finiremo con il pagare davvero cari questi kWh.

Il calcolo fatto in base ai kilowattora da Legambiente è emblematico: “Un inceneritore emette 6/700 grammi di CO2 ogni kWh prodotta quando con l’attuale mix energetico siamo a circa 300 (in diminuzione grazie al progressivo ricorso alle rinnovabili)“.

Da ultimo vogliamo ricordare una questione che sembra puramente linguistica ma non lo è: all’interno dei documenti europei non c’è distinzione tra inceneritore e termovalorizzatore. Il termine utilizzato è semplicemente incinerator.

Come ricorda Legambiente, distinguere tra inceneritore e termovalorizzatore serve soltanto a creare confusione ed è una operazione di greenwashing, soprattutto perché non esistono più dagli Anni ’90 inceneritori che non producono energia elettrica e calore dal trattamento dei rifiuti. Il grande cambiamento dei termovalorizzatori non è una rivoluzione ma un ancorarsi pervicacemente al passato.

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