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Latte scaduto: cosa accade se lo si consuma comunque

Superata la scadenza, ecco in quale stato si trova uno dei classici alimenti da consumarsi fresco. Di cosa stiamo parlando

Latte (Foto Adobe)

Dal momento in cui si nasce, il primo istinto – come nel resto del mondo animale – è quello di cercare il nutrimento. Taluni li conosciamo davvero quando non abbiamo neanche la consapevolezza della nostra identità e sono i primi ad entrato nel linguaggio del corpo e dell’organismo del nascituro. In realtà, si tratta di un solo alimento nella fattispecie, lo stesso che non ci abbandona più per il resto della nostra vita: il latte. 

In fondo, tra i “cuccioli” dell’essere umano, il latte è necessario quanto la primaria e basilare modalità di alimentazione: il neonato, infatti, varca i confini della placenta e dopo aver procacciato la sua alimentazione dalle sostanze circolanti nel cordone ombelicale, si espone alla sua nuova e lunga esperienza al mondo, attingendo alla fonte del latte materno. Nella sua crescita, il bisogno assumerà forme diverse ma lo accompagnerà per tutta l’età adulta. 

Latte scaduto, come reagisce l’organismo?

Latte (Foto Adobe)

Arcaico è anche il rapporto con tutti i derivati del latte: in primis, i formaggi, passati dalla tradizione pastorale con il latte vaccino, di capra o di pecora, all’industria agroalimentare, che ha contribuito a stimolare l’iconica tradizione gastronomica italiana. A latere, c’è da dire che l’industria ha incluso il latte anche nei suoi stessi “derivati” di consumo: merendine, snack, gelati confezionati.

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Alcune persone debbono in ogni caso rinunciarvi a causa di un’eventuale intolleranza alimentare. Certo, quando lo acquistiamo al supermercato, viene spontaneo verificarne la data di scadenza indicata nella confezione in quanto conosciamo l’importanza di consumarlo entro i termini che ne garantiscono la freschezza. La data di scadenza (DDS) indica che oltrepassando il termine, il prodotto non può essere più consumato.

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La freschezza del latte è riconosciuta nel limite di 6 giorni, ma ne bastano quattro per il ritiro dalla vendita. È il latte stesso a comunicare il suo stato di commestibilità perché mentre i giorni passano, le proprietà organolettiche si modificano fino a estinguersi. Col tempo, infatti, si riscontrerà in tutta evidenza un odore molto acido che si riflette anche nel gusto. Può accadere che distrattamente si consumi del latte scaduto e a seconda del soggetto, possono subentrare spiacevoli effetti, innanzitutto a partire dall’apparato digerente. Un fisico già provato da altri sintomi può scatenare nausea, vomito, dolori addominali e diarrea, nonché febbre.

Pubblicato da
Roberto Alciati