L’Echa prova a riabilitare il glifosato. La IARC lo ha definito “probabile cancerogeno”

Per quanto la comunità scientifica cerchi di spingerlo fuori dalle nostre vite, sembra che ci sia sempre qualcuno pronto a tentare di far rientrare il glifosato da qualche pertugio. Stavolta a sconcertare è una mossa dell’Echa, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche

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Pericolo glifosato in Europa (foto Adobe)

Lo scorso 30 maggio è stato pubblicato sul sito ufficiale dell’Agenzia un comunciato in cui si fa riferimento proprio a questo erbicida e in cui l’Echa ribadisce che il Comitato per l’Accertamento del Rischio, il RAC, è d’accordo nel mantenere la classificazione come sostanza in grado di provocare danni seri alla vista e la tossicità per la vita marina.

Ma nello stesso parere si torna però anche a parlare delle evidenze scientifiche, o secondo il RAC della mancanza di evidenze scientifiche, riguardo i possibili effetti cancerogeni e sulla riproduttività. Nel testo, disponibile in lingua inglese, si legge infatti: “Il Comitato è giunto alla conclusione che le evidenze scientifiche disponibili non raggiungono gli standard dei criteri necessari per classificare il glifosato per la tossicità organo specifica o come sostanza cancerogena, mutagenica o tossica per la riproduzione“.

La valutazione espressa dall’Echa risulta quantomai preoccupante e da più parti si sottolinea come in realtà siamo di fronte a un giudizio dato con parzialità. Ne sono convinti, tra gli altri, i membri del comitato ONG Ban Glyphosate. A ridosso della pubblicazione del parere dell’Echa su questo erbicida che quindi scampa ancora una volta alla classificazione di sostanza cancerogena, sul sito di Corporate Europe Observatory riporta le parole di Peter Clausing, tossicologo e membro della coalizione Ban Glyphosate: “E’ triste vedere che l’Echa sta ovviamente ripetendo la sua condotta antiscientifica dal 2017“.

Clausing accusa senza mezzi termini l’Echa di aver chiuso gli occhi di fronte ai risultati ottenuti in cinque studi condotti sui topi e ben sette condotti sui ratti e sulla cancerogenicità del glifosato oltre a una “mole ingente di prove a sostegno provenienti da diverse pubblicazioni peer-reviewed nuove e già esistenti“. Tra queste, il tossicologo menziona anche gli studi epidemiologici che hanno riscontrato un aumento nel rischio di danni al DNA e di cancro nelle persone esposte al glifosato“.

Gli studi, prosegue la nota di CEO, che sono stati effettivamente presi in considerazione per valutare se aggiungere l’etichetta di cancerogeno a questo erbicida sono solo quelli forniti dall’industria stessa, che si regge proprio sulla produzione di questa sostanza. Studi che sono stati tra l’altro già ampiamente screditati dal Vienna Cancer Research Institute che ne ha analizzati 35 e ne ha valutati come “affidabili” dal punto di vista della metodologia scientifica solo 2.

Ora che l’Echa si è espressa tocca all’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare che però ha già dichiarato di aver bisogno di altro tempo, almeno al luglio 2023, per analizzare tutto il materiale fornito e prendere una decisione in merito.

La speranza espressa da CEO è che l’EFSA sfrutti il tempo in più in modo saggio per valutare tutti gli studi “secondo le buone pratiche scientifiche e il linea con le linee guida applicabili“. E la nostra speranza è che sulla pelle dei cittadini europei non si giochi una partita in cui l’unico vero obiettivo sembra essere quello di non far perdere denaro ai giganti che stanno intossicando il pianeta.

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