Pensione di reversibilità, la beffa: chi perderà la metà dei soldi

Coloro che ricevono la pensione di reversibilità potrebbero avere una brutta sorpresa che si verifica una particolare condizione

Pensione di reversibilità ex moglie
Pensione di reversibilità (Foto Adobe)

Alla morte del coniuge, alla vedova o al vedovo spetta la pensione di reversibilità, una prestazione previdenziale che consiste in una percentuale variabile della pensione che spettava alla persona deceduta. Tale percentuale varia a seconda della composizione del nucleo familiare e il suo ammontare è definito dalla Legge 335/1995.

Generalmente ad una vedova /o spetta il 60% dell’importo della pensione del coniuge deceduto ma c’è un caso che fa crollare l’assegno della sua metà. Questo caso prende in considerazione il reddito IRPEF complessivo riferibile al coniuge e superiore ad una certa soglia. Vediamo nello specifico questo caso.

Pensione di reversibilità: attenzione all’IRPEF

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Pensione di reversibilità (Foto Adobe)

L’importo IRPEF è aggiornato costantemente dall’INPS non solo per quanto riguarda le attività lavorative ma anche riguardo rendite, indennità e assegni periodici. E’ proprio l’importo IRPEF a far cambiare la pensione di reversibilità ricevuta. Per il 2022, l’importo massimo da non superare per il coniuge sopravvissuto per non subire alcuna riduzione dell’importo è pari a 20.489,82 euro.

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Superata la soglia dei 20.489,82 euro, il taglio all’importo della pensione di reversibilità sarà progressivo. Nel caso in cui il reddito IRPEF del coniuge supera i 34,149.70 euro, allora la pensione di reversibilità subirà un decremento del 50% che si va aggiungere alla riduzione del 60% dell’importo della pensione prevista dal coniuge defunto.

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La ragione di questa drastica riduzione risiede nel fatto che a partire da 34,149.70 euro si supera di 5 volte il trattamento minimo INPS annuale che corrisponde, per il 2022, a 6.829,94 euro. Non rientrano però all’interno dei 34mila euro i contributi previdenziali e assistenziali ricevuti, il reddito della casa di abitazione, la pensione dei superstiti (anche a carico di stati esteri) e nemmeno il TFR, ovvero il trattamento di fine rapporto.

Nel caso del trattamento di fine rapporto sarebbe escluso anche l’anticipo che può essere richiesto dal dipendente di un datore di lavoro privato nel corso della vita lavorativa. Concludiamo dicendo che il TFR potrebbe essere richiesto anche dai dipendenti pubblici prima dell’età pensionabile.

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