Biologico, finalmente in vigore il Regolamento per etichette più trasparenti

Dopo oltre 3 anni si conferma il regolamento 848 del 2018 sul biologico, che ha sostituito il precedente datato 2007

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(pixabay)

Gli aggiornamenti normativi procedono spesso a rilento rispetto alla prassi, e questa è una consuetudine a cui si è abituati. Ma in campo alimentare, dove nel lasso di tempo tra scoperte scientifiche ed adeguamenti giuridici il consumo dei prodotti può risultare dannoso, si dovrebbero avere tempi un po’ più stretti. Certo, la pandemia è diventata un alibi per qualunque cosa.

Ed infatti è imputato proprio ad essa il ritardo dell’entrata il vigore del nuovo regolamento sulla certificazione biologica, datato 2018, ed effettivo solo da pochi giorni. Ma almeno è arrivato, e può segnare una discreta svolta nella tutela dei consumatori. La precedente normativa si riferiva al 2007, piuttosto datata.

Il precedente regolamento estendeva la soglia di tolleranza per le contaminazioni accidentali da Organismi Geneticamente Modificati (Ogm) dello 0,9% anche all’agricoltura biologica. Al contrario, la norma del 2018 ne sancisce espressamente il divieto. E questa si può dire che sia una buona notizia, anche se arrivata con un certo ritardo.

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L’articolo 23 del nuovo regolamento dice: “L’uso di radiazioni ionizzanti, clonazione animale e animali poliploidi artificialmente indotti od organismi geneticamente modificati («Ogm»), nonché prodotti derivati od ottenuti da Ogm, è incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno dei prodotti biologici. Tale uso dovrebbe pertanto essere vietato nella produzione biologica”. I metodi di gestione che adotta l’azienda biologica devono escludere (art.5) “l’uso di Ogm, dei prodotti derivati da Ogm e dei prodotti ottenuti da Ogm che non siano medicinali veterinari”.

Un’altra novità interessante che è stata introdotta è la “certificazione di gruppo”. Le piccole aziende, che da sole non ce la fanno a sostenere i costi della certificazione biologica, possono ricorrere alla certificazione di gruppo, ammortizzandone così i costi. Uno dei problemi del biologico in Italia, infatti, è che le certificazioni sono costose da ottenere, e l’investimento ricade inevitabilmente sul consumatore finale elevando i prezzi dei prodotti biologici e relegandoli così ad esclusivo utilizzo della fascia abbiente della popolazione.

Il nuovo regolamento consente (purtroppo ancora in maniera discrezionale), di indicare dettagliatamente in etichetta l’origine della materia prima indicando il nome del paese e della regione da cui proviene l’ingrediente. L’etichetta trasparente conferisce al consumatore una maggiore libertà di scelta, essenziale per un consumo consapevole. In assenza di informazioni è difficile risalire alla filiera di un prodotto, e le etichette dettagliate sono l’unico strumento che chi acquista ha per migliorare la propria educazione alimentare.

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