In Spagna aumentano i delitti d’odio legati all’omofobia

Il governo intende accelerare le leggi contro la discriminazione

omofobia
(Getty Images)

Samuel Luiz lo scorso 3 luglio è stato ucciso in Galizia in seguito ad un brutale pestaggio; la scorsa settimana un ragazzo transessuale è stato picchiato selvaggiamente a Valencia; si registrano recenti episodi simili anche a Toledo, Melilla, Castellón e Vitoria. La Spagna quest’anno ha riportato 610 denunce per crimini d’odio, senza considerare i dati sommersi, che dalle statistiche risultano essere il 93 per cento dei casi. La Spagna nel 2021 ha stabilito questo triste record dal 2014, cioè da quando sono iniziate le rilevazioni sui delitti legati all’odio. Che cosa sta succedendo?

Risponde Arantxa Miranda, della Federazione Statale LGBT: “La paura è la più grande alleata dei crimini d’odio. Da una parte dipende dall’elevata tolleranza della violenza ma anche dalla paura a essere visibili, dalla non conoscenza della legge, dalla mancanza di appoggio familiare. C’è tolleranza verso un discorso d’odio a livello politico e sociale che dovrebbe essere condannato e sanzionato”. La riemersione delle destre nello scenario politico è una realtà che coinvolge tutta l’Europa, ed in Spagna si è manifestata con l’irruzione della formazione di Santiago Abascal Conde, presidente del partito politico di estrema destra Vox. Il partito, che ha ripetutamente chiesto l’abolizione del matrimonio e dell’adozione da parte di omosessuali, sta riscuotendo molto successo da parte dei giovani e giovanissimi, che, guarda caso, sono spesso i principali responsabili dei crimini d’odio.

Francisco Peña Díaz, dottore in Diritto ed esperto di diritti umani delle persone lgbti, spiega: “Dato che le aggressioni già sono punite con il delitto d’odio, quello di cui abbiamo bisogno sono politiche pubbliche che incidono sulla prevenzione, piuttosto che sul castigo. Come nell’educazione: molti aggressori sono minori o giovanissimi e il bullismo LGBTfobico è un problema importante”. La mancanza di formazione culturale, unita con la crescente paura sociale (dell’altro, del diverso), può generare un miscuglio letale che fomenta l’odio e innesca la cultura della violenza. Come sostiene Peña, la prevenzione e non la punizione deve essere la risposta. Ma i primi a dare il buon esempio dovrebbero essere gli esponenti politici, che al contrario sempre più sovente preferiscono cavalcare l’onda dell’emotività collettiva piuttosto che incentivare l’emancipazione culturale. E questo è il risultato.

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