“La legge sul bio fa bene all’Italia. Gli attacchi sono pretestuosi”, Cambia la Terra intervista il docente di agronomia Paolo Barberi

Cambia la Terra ha intervistato il professor Paolo Bàrberi, docente di Agronomia alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, riguardo le critiche che sui media stanno cercando di descrivere l’agricoltura biodinamica come una pratica al limite dello stregonesco. La polemica si è innescata dopo che al Senato è stata approvata quasi all’unanimità una nuova legge che valorizza e regola l’agricoltura biologica.

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“La legge sul bio fa bene all’Italia. Gli attacchi sono pretestuosi” (foto: pixabay)

L’agricoltura biodinamica è una pratica riconosciuta da un Regolamento Europeo da oltre 30 anni e applica metodi naturali per la produzione agricola. Mentre si attende adesso che il testo passi il vaglio della Camera, ecco quello che il professor Paolo Bàrberi ha voluto raccontare riguardo l’agricoltura biologica, gli attacchi contro la pratica del biodinamico e in generale sul modello di dibattito scientifico che stiamo vedendo sempre più spesso.

Innanzitutto, secondo il professore, benché la legge possa essere vista come una legge arrivata in ritardo, “si può dire che la legge è tempestiva in un contesto in cui a livello europeo il quadro normativo e la programmazione della commissione vanno verso la transizione agroecologica”. Dalla Commissione Europea è fatti uscito il famoso Green Deal collegato anche alla strategia Farm to Fork, che servirebbe a migliorare il rapporto dei cittadini europei con il cibo e a favorire le pratiche per la produzione che hanno meno impatto sul pianeta.

Secondo Bàrbieri la legge “dà riconoscimento non a un settore di nicchia, ma a un settore trainante dell’agroalimentare del nostro Paese. Grazie alla crescita di interesse dei consumatori, naturalmente, e degli agricoltori, che scelgono sempre più il bio e non solo per motivi di convenienza economica”.

Si è per esempio registrato in Italia un generale aumento nell’interesse riguardo il luogo di provenienza e le tecniche con cui ciò che portiamo in tavola viene prodotto. Il bio, soprattutto in pandemia, ha visto crescere leggermente i numeri relativi al consumo. Un segnale che gli Italiani stanno imparando sempre di più a prestare attenzione alle etichette.

Riguardo il biologico in generale, il professor Bàrberi spiega che “il biologico ha dei plus innegabili dal punto di vista ambientale, della qualità dei prodotti, della salute umana e animale. Ma anche dal punto di vista delle opportunità economiche, ad esempio per il rilancio dei territori cosiddetti marginali”. L’agricoltura biologica, continua Bàrberi, può essere quindi applicata, anche stando a ciò che dice la Commissione Europea, in tutta quella parte del territorio italiano che non è perfettamente pianeggiante.

Il bio, prosegue il professore, è anche un’occasione di sviluppo economico e di reddito soprattutto per i giovani e per le donne che sempre più spesso si affacciano a questo tipo di pratica in agricoltura.

Esiste però un preconcetto secondo cui, se tutto quanto il pianeta venisse coltivato seguendo le pratiche del biologico, la superficie da coltivare dovrebbe essere raddoppiata, perdendo così buona parte delle aree boschive. Bàrberi su questo punto spiega invece che si tratta di un falso allarme, perché “i lavori scientifici indicano una riduzione media della produttività del biologico del 15-20% rispetto all’agricoltura intensiva” ma, continua il professore, siamo in una situazione in cui più del 30% del cibo prodotto viene sprecato. Questo significa che in realtà è il sistema adottato adesso che non funziona.

Ma, è chiaro  non si tratta soltanto di cambiare metodo di produzione: “L’approccio agroecologico prevede di riprogrammare non solo le tecniche produttive ma l’intero sistema agro-alimentare, comprese le diete e i modelli di consumo“.

A riprova del fatto che il biologico non è meno produttivo delle tecniche tradizionali, Bàrberi cita anche uno studio apparso su Science, “la ricerca si è concentrata non solo su quanta produzione agricola deriva dai due tipi di agricoltura, ma anche sulle differenze in termini di impollinazione, fertilità del suolo, controllo biologico degli insetti dannosi, e altri servizi ecosistemici. Ne è emerso che nel 63% dei casi i sistemi diversificati – tra cui l’agricoltura biologica –riescono contemporaneamente ad aumentare la produzione e migliorare la fornitura di più servizi ecosistemici rispetto ai corrispondenti sistemi convenzionali. Un risultato che ribalta tutte le vecchie convinzioni“.

Riguardo le critiche specifiche alle tecniche biodinamiche, il professor Bàrberi ribadisce che le critiche sono mosse da un punto di vista che di scientifico ha molto poco. E anzi auspica che il dibattito scientifico sia, come per esempio quello che si è visto e si sta vedendo tutt’ora riguardo il covid-19, “su basi etiche e di correttezza” e non con i toni “di una rissa da stadio in cui gli hooligans stanno quasi tutti dalla parte di chi l’ha scatenata”.

In conclusione, riguardo il dibattito scientifico, facciamo nostro il pensiero e il consiglio del professor Bàrberi: “discutiamo sulla base delle evidenze e non per partito preso”.

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A questo link l’intervista completa di Cambia la Terra al Prof. Bàrberi.

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