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Inchiesta Altreconomia, il greenwashing di Amazon sta distruggendo il Piemonte

Amazon si prepara a costruire in Piemonte due poli logistici, e secondo un’inchiesta di Altreconomia si porterà via migliaia di metri quadri di terreni agricoli elargendo compensazioni al limite del ridicolo

Foto Pawel Czerwinski Unsplash

Come abbiamo avuto modo di notare non molto tempo fa, Amazon è riuscita a creare un’immagine estremamente positiva di sé, sfruttando una serie di termini in una ampia gamma di comunicazioni e messaggi. Tra questi messaggi positivi c’è quello di voler essere una società verde, sbandierando impegni climatici ambiziosi anche attraverso l’iniziativa The Climate Pledge.

Stando però a quello che vuole fare in Piemonte, in particolare nell’hinterland di Torino e nel sud nella zona di Asti, questa società, che nel periodo più buio del lockdown si è trovata in una posizione perfetta tanto da riuscire a trasformarsi quasi in un cavaliere dalla scintillante armatura, sembra avere un concetto molto elastico dell’essere verde.

Ad Orbassano, hinterland torinese tra i comuni di Rivalta e Nichelino, è prevista la creazione di un nuovo centro di distribuzione con un totale di 135mila metri quadrati di terreni agricoli trasformati in una distesa di cemento. E per fare in fretta Amazon Transport Italia Srl si è rivolta al SUAP, lo Sportello Unico delle Attività Produttive.

Attraverso il SUAP, non ci sarebbe bisogno di una valutazione ambientale strategica, ma si dovrebbe comunque valutare la presenza di altri siti entro 10 km dal luogo prescelto, che potrebbero essere utilizzati perché magari già destinati dal piano regolatore ha le attività industriali.

Ma come racconta Angelo Porta, vicepresidente di Legambiente Piemonte Val d’Aosta, ci sarebbe un sito perfetto appena oltre il limite dei 10 km, che però proprio per il limite dei 10 km non può essere scelto. A noi, come pure per esempio a Massimo Mortarino del comitato torinese “Salviamo il paesaggio”, sembra assurdo dover aumentare il cemento, quindi le aree che possono inquinare, quando siamo in piena emergenza climatica.

Queste sono le parole di Mortarino “l’emergenza climatica, in pieno sviluppo, dovrebbe impedire a priori qualsiasi consumo di suolo libero, incentivando invece il recupero e riutilizzo di aree già impermeabilizzate e compromesse, che erroneamente e frettolosamente sono state giudicate dal proponente non convenienti dal punto di vista economico rispetto al terreno in questione, tra l’altro attualmente utilizzato in massima parte per produzioni agricole“.

Mortarino c’entra probabilmente quello che è il problema fondamentale: il Comune di Orbassano ha paura di perdere questa occasione di guadagno mettendo però in crisi  il “benessere della collettività”: una collettività che proprio con la procedura semplificata non può dire la sua.

Quello che Amazon vuole fare ad Orbassano, tra l’altro a ridosso di Stupinigi, è una operazione che semplicemente contribuirà ulteriormente a consumare suolo: quando si decide di trasformare un terreno agricolo in un terreno edificabile, questo viene irrimediabilmente compromesso dalle attività di scavo e di costruzione. E non è possibile compensare, come leggiamo nell’inchiesta di Altraeconomia, una tale perdita di risorse esclusivamente con la riforestazione di alcune aree, la realizzazione di un’area verde urbana e una scala di risalita per i pesci del Torrente Sangone.

E se per esempio ad Orbassano in qualche modo si è riusciti a parlare di compensazioni, ridicole per quanto siano ma almeno nominate, per la zona di Asti la Giunta e il Consiglio comunale hanno approvato lo scorso 22 novembre un secondo insediamento logistico per Amazon da 30mila metri quadri con una celerità che lascia tutti un po’ sconcertati.

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Come ricorda sempre Angelo Porta di Legambiente, “la legge 113 del 29 gennaio 1992 impone ai Comuni di mettere a dimora un albero per ogni bambino nato, non un metro quadro di cemento. Abbiamo bisogno di nuove aree boschive e non di nuovi capannoni o nuovi supermercati”, soprattutto, aggiungiamo noi, se le aree che potrebbero essere utilizzate per capannoni e supermercati esistono già senza che si tolga spazio al verde dimostrando una miopia che è tra le cause della situazione ambientale globale che viviano adesso e che comprometterà il nostro futuro.

Da parte sua Amazon fa quello che gli riesce meglio: ingrandirsi, espandersi e guadagnare. Sta alle comunità e a chi le rappresenta fermarlo o indirizzarlo in maniera che i danni vengano limitati.

Pubblicato da
Valeria Poropat