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In Inghilterra il 70 per cento del cibo confezionato non rispetta i requisiti di salubrità

Una nuova ricerca mostra in modo inequivocabile quanto sia grande il problema del cibo spazzatura nel Regno Unito

(pixabay)

Il problema del cibo “spazzatura”, si sa, è di origine prettamente anglosassone, anche se con la globalizzazione dei consumi ha invaso anche la dieta mediterranea. Per tentare di arginare il problema non si ricorre ad un impedimento all’origine, ma si segnala il cibo poco sano attraverso degli avvertimenti posti sulla confezione, in pieno stile liberale. La scelta è poi lasciata all’individuo. Da tempo, in Inghilterra, i prodotti confezionati ultraprocessati sono contrassegnati dalle etichette “a semaforo”, dove al colore verde corrisponde cibo sano e al rosso cibo “spazzatura”. Nel Regno Unito, sulla coda di Autralia e Nuova Zelanda, si è sostituita l’etichettatura a semaforo con il punteggio “star”. 1 stella corrisponde a cibo pessimo, 5 stelle ottimo, facile da leggere e da comprendere dai consumatori. Un alimento, per essere considerato sano, deve raggiungere il punteggio di almeno 3,5 stelle.

Un’indagine Uk, condotta dalle organizzazioni non profit Access to Nutrition Initiative e ShareAction, ha analizzato la qualità nutrizionale di oltre 4 mila prodotti confezionati e realizzati delle 16 più grandi aziende del mondo. Il risultato è che 7 prodotti su 10 non soddisfano il requisito minimo di salubrità. Dalla ricerca è emerso che alcune multinazionali hanno, negli ultimi anni, migliorato la qualità dei propri prodotti, riducendo zuccheri e grassi saturi in favore di elementi più sani, come ad esempio Danone e PepsiCo. Al contrario, altre stanno seguendo un trend peggiorativo, come Coca-Cola, Unilever e Ferrero.

Pubblicato da
Giulia Borraccino