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In Brasile una multinazionale è stata accusata di razzismo ambientale

Osservatorio diritti riporta la relazione di Aiaav, incentrata sull’insostenibilità della Vale, azienda mineraria brasiliana

(pixabay)

Secondo il rapporto di insostenibilità della Vale a cura dell’Aiaav, (Articolazione internazionale delle persone colpite dalla Vale) il disastro di Mariana del 2015, e quello di Brumadinho del 2019, non sarebbero stati incidenti. Il report punta il dito contro la Vale SA, azienda di estrazione mineraria di ferro e nichel, la principale al livello mondiale.

I bacini di decantazione di liquidi e solidi delle miniere di ferro Bento Rodrigues e Córrego do Feijão sono improvvisamente crollati, il primo nel 2015 ed il secondo nel 2019. L’evento ha causato la morte di 19 persone nel primo caso e di 259 nel secondo, più 11 dispersi. Il fiume Rio Doce, essenziale per la popolazione locale, è stato irreversibilmente contaminato.

Dal momento del disastro, il gruppo Vale si è impegnato per riscattare la propria immagine, attivando programmi di tutela. Il documento aziendale pubblicizza la salvaguardia della biodiversità, la pianificazione la gestione dei rischi, la riduzione dell’impatto ambientale e la tutela per la sicurezza e per i diritti dei lavoratori e delle popolazioni residenti nelle aree in cui l’impresa è attiva.

Ma a parere di Aiaav questo è uno specchietto per le allodole, finalizzato solo ad incrementare il profitto dell’azienda.

Il rapporto dell’Aiaav asserisce che i disastri alle miniere sarebbero stati generati da una politica aziendale. Sul banco degli imputati si trova l’intensificazione dell’attività estrattiva, l’assenza delle norme di sicurezza per i lavoratori e l’utilizzo di materiale scadente per la costruzione del bacino che è ceduto.

Le vittime ed i loro parenti hanno subito un risarcimento discrezionale. Lo stato brasiliano ha concesso all’azienda il potere di decidere chi può essere beneficiato da indennizzo e chi no.

Il Brasile non esce indenne dal rapporto. E’ stato messo pesantemente sotto accusa per aver lasciato alle aziende l’autoregolamentazione sull’attività di estrazione e sui diritti dei lavoratori e della natura.

E la Vale SA non si è lasciata scappare l’occasione. Lo sfruttamento eccessivo del territorio naturale ha portato ad un ulteriore depauperamento delle popolazioni indigene, private delle risorse quotidiane di sostentamento.

“Risparmiare a tutti costi –  avvantaggiandosi della mancanza di controlli e vigilanza da parte dello Stato – non sarebbe altro che una manifestazione di razzismo ambientale”, così afferma Osservatorio Diritti, che si è fatto portavoce del documento Aiaav.

Le popolazioni più povere, a maggioranza indigene o afrodiscendenti, sono state violate dalla contaminazione del fiume Rio Doce, elemento naturale amato e rispettato dagli abitanti. Per gli indigeni Krenak la corruzione del fiume corrisponde alla morte di un parente o di una persona cara.

La condotta criminale della Vale SA ha condannato le popolazioni indigene ad un lutto insolvibile. Questo è razzismo ambientale.

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Qui il comunicato integrale di Osservatorio Diritti.

Pubblicato da
Giulia Borraccino